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The Thesis in Italian language is available in format zip in the download area

Relatore

Ch.mo Prof. Alessandro Gandolfo

Candidato

Antonio Giura

Internet applications to the Function Supplyings:

from the SCM to the E-procurement

Case UNITEC

Sommario

1°: IL SUPPLY CHAIN MANAGEMENT

1.1. Introduzione

In questi ultimi anni, con il cambiamento degli scenari economici e sociali, si sta assistendo ad una profonda trasformazione dei sistemi organizzativi e gestionali delle aziende.
Lo strumento che sta provocando i cambiamenti più significativi è Internet, che ha innescato una vera rivoluzione economica, apportando tutta una serie di effetti che hanno modificato il modo “tradizionale” di operare di numerose aziende, sia in termini di efficacia (rapidità del flusso di informazioni e comodità d’acquisto per i consumatori) che di efficienza (costo degli scambi informativi).
Fin dalla metà degli anni `80 le imprese hanno modificato i processi operativi sotto la spinta del mercato e delle nuove filosofie produttive quali il “just in time”, imposte a tutto il mondo dall’industria giapponese. Perseguendo l’obiettivo di accorciare i tempi totali del rifornimento, le nuove logiche dei processi produttivi si fondano su una revisione nell’intera catena di business attraverso il controllo dell’intero processo: dai fornitori al cliente.
Cambia profondamente l’ottica di gestione: l’efficacia dell’intero processo produttivo diventa più importante dell’efficacia del singolo dipartimento, a livello di singola azienda o a livello di filiera.
I diversi soggetti della filiera produttiva tendono a reagire gestendo e coordinando in “comune” il processo produttivo attraverso una maggiore e più penetrante integrazione gestionale ed operativa, eliminando, per quanto possibile, le barriere tra i partner commerciali.
Il successo di un’impresa in un mercato, dunque, è sempre più indissolubilmente condizionato dalla competitività della catena del valore nella qual è posizionata. In altre parole, un’impresa per quanto efficiente ed efficace nel perseguire gli obiettivi di mercato, può trovarsi in serie difficoltà se a monte e a valle deve interagire con soggetti inefficaci e lontani dalle reali esigenze di mercato, importandone inefficienze ed incapacità.
Quindi, gestire l’intera catena del valore dell’azienda comincia a diventare una vera e propria necessità imposta dal mercato globalizzato, in cui la concorrenza cresce in ogni settore e dove il successo dipende anche dalla capacità di gestire l’intera catena di fornitura, produzione e commercializzazione.
Con il concetto di “supply chain management” (in seguito SCM) presentato nel paragrafo seguente, si vuole identificare proprio questo fenomeno.

1.2. Evoluzione del concetto di SCM

Le definizioni di Supply Chain Management a cui si può fare riferimento sono numerose, ognuna delle quali ne evidenzia particolari aspetti:

  • “approccio integrato e orientato al processo per l’approvvigionamento, la produzione e la consegna di prodotti e servizi ai clienti. SCM gestisce le relazioni con in sub-fornitori, i fornitori, le operazioni interne, gli intermediari, i distributori e il cliente finale. SCM comprende la gestione delle materie prime/semilavorati/prodotti finiti e dei flussi di informazioni ed economici” (Fonte M.I.T, 1997)
  • “L’incremento di valore economico e percepito dal cliente attraverso la gestione sincronizzata dei flussi delle materie prime e delle informazioni associate, dall’approvvigionamento delle materie prime al consumo”( B.J. LaLonde, Ohio State University, 1996)
  • “SCM consiste nel riuscire ad avere il prodotto giusto nel posto giusto, al prezzo giusto, nel momento giusto, nelle giuste condizioni”( R.Blackwell, Ohio State University 1998) A prescindere dalla specifica definizione, è evidente che con SCM si intende un processo il cui obiettivo consiste essenzialmente nell’ottimizzazione della delivery¹ al cliente, basato sull’efficienza della comunicazione tra i diversi soggetti presenti lungo la catena. In particolare, l’obiettivo di ottimizzazione è perseguibile attraverso:
  • la diminuzione dei costi di inventario, legando la produzione alla domanda;
    la riduzione dei costi totali di produzione, velocizzando il flusso di merci all’interno del processo produttivo e migliorando il flusso informativo tra l’azienda, i fornitori e i distributori;
  • il miglioramento della soddisfazione del cliente, offrendo velocità di consegna e personalizzazioni di prodotto.

Le aree di gestione comune nell’ambito della SCM sono tipicamente quelle degli approvvigionamenti, del magazzino e della produzione, nonché quelle della pianificazione, che può avvenire attraverso unità autonome di coordinamento intraziendale create specificatamente per questo scopo oppure da una rete di collegamento tra le imprese coinvolte. Nel primo caso la struttura sarà evidentemente più formale e strutturata, nel secondo più elastica ed agile.
A prescindere dallastruttura organizzativa adottata e dal grado di integrazione commerciale raggiunto, l’esigenza alla quale il SCM risponde rimane quella di operare in maniera più reattiva sul mercato cercando, contemporaneamente, di ottimizzare i processi delle singole imprese, tenendo ben presenti i mezzi, le risorse e le strutture dell’intero processo, attraverso azioni coordinate.

Figura 1: Esempio di Gestion e ed integrazione della SCM.

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Fonte: Atos, 2000.

In un modello esemplificativo di SCM, presentato nella figura 1, le imprese della stessa filiera operano come un’unità commercialmente integrata, sia verso i fornitori di materie prime che verso i clienti, gestendo in comune le fai si acquisizione delle materie prime, della loro lavorazione e distribuzione, nonché della pianificazione dei processi interni alla catena del valore.

1.3. Evoluzione dell’Supply Chain Management

Come appena osservato SCM viene definita come “L’infrastruttura, l’organizzazione, i processi e la tecnologia necessari per rendere disponibili ai clienti i prodotti giusti, al posto giusto, al momento giusto (e ai costi giusti)”. Questa definizione, che pure rimane valida a tutt’oggi, vede d’altra parte ampliarsi progressivamente i confini, in modo coerente con l’ampliamento dei confini di azione della singola azienda (Antinozzi, 2001).
In una prima fase, infatti, gli sforzi erano concentrati all’interno della singola azienda, per raggiungere obiettivi di efficienza grazie ad una maggiore integrazione ed ottimizzazione dei processi interni.
L’integrazione dei processi interni riguardava soprattutto tre aeree principali¹ :

  • L’integrazione delle informazioni;
  • Il coordinamento;
  • La connessione organizzativa.

L’integrazione delle informazioni riguarda la condivisione delle informazioni e della conoscenza tra i diversi attori della supply chain, che devono essere messi nella condizione di scambiarsi informazioni riferite alla domanda, alla situazione di magazzino, ai piani produttivi, ai piani promozione, alle previsioni e al programma di spedizione, essendo altresì in grado di coordinare la gestione delle scorte.
Il coordinamento consiste nell’assegnare capacità decisionali e risorse all’anello della supply chain che si trova nella migliore posizione per gestirle.
L’integrazione, però, non risulta completa senza una stretta relazione organizzativa tra le società: i due partner nella catena degli approvvigionamenti devono definire e mantenere canali di comunicazioni, siano esse Edi, Internet o altro.
Raggiunti questi obiettivi preliminari, si può notare l’importanza di estendere questo processo di integrazione ai propri partner, siano essi clienti o fornitori; la supply chain supera cosi i confini aziendali.
Il contesto attuale pone sempre più attenzione alla possibilità di collegare tra loro non più singole aziende, ma intere comunità, creando i cosiddetti mercati virtuali o “marketplace²” , nei quali interagiscono contemporaneamente più fornitori e più clienti.
Questa progressiva evoluzione della supply chain e la tendenza all’ampliamento delle funzionalità supportate sono guidate da una serie di fattori, sinteticamente riconducibili ai seguenti³:

  • una crescente e sempre più pervasiva focalizzazione sul cliente: in ogni fase/momento della supply chain, i bisogni del cliente finale vengono compresi e diventano fattori guida nel processo decisionale; data l’importanza crescente e il ruolo di centralità attribuito al cliente, è necessario che l’azienda sia in grado di assicurare un adeguato servizio basato sulla qualità, sulla personalizzazione del prodotto e sulla velocità di consegna, anche considerando che le aspettative del cliente in termini di ampiezza di scelta, livello di servizio, velocità di consegna e costo stanno progressivamente aumentando;
  • un utilizzo più avanzato della tecnologia: flussi di dati e informazioni interessano tutte le fasi/momenti della supply chain;
  • misurazione delle performance: in ogni fase/momento della supply chain vengono monitorati tempi e costi, oltre ad altri parametri, e valutati rispetto agli obiettivi finali nell’ottica di un progressivo miglioramento delle performance. Si possono individuare molti indicatori attraverso i quali avere una misurazione delle performance della Supply chain; alcuni di quelli più comunemente usati sono:
    – livello di servizio (percentuale degli ordini, o delle righe d’ordine,  spedite nella data e con la quantità richiesta dal cliente);
    – accuratezza del forecast4 ;
    – valore delle scorte;
    – utilizzo degli impianti;
  • la globalizzazione: si creano per l’azienda nuove possibilità di acquisto di materie prime a bassi costi delle economie emergenti e nello stesso tempo si creano nuove possibilità di vendita: ciò determina uno spostamento geografico della tradizionale localizzazione del business e della supply chain (dalla fornitura alla produzione alla consegna al cliente), e rende necessario, per un’azienda, servire mercati globali e assicurare un livello di servizio omogeneo indipendentemente dal mercato di destinazione; si consideri inoltre che la globalizzazione ha generato un complessivo aumento del livello della competizione, che a sua volta impone alle aziende di operare con maggiore efficienza e ricercando/diffondendo vantaggi competitivi di differenziazione rispetto ai competitor. L’area dei servizi al cliente e della delivery rappresenta, alla data, una delle principali aree del vantaggio competitivo.

1.4. La supply chain dalla periferia al cuore dell’attività

La funzione della SCM sta assumendo un ruolo fondamentale nelle aziende. La logistica e la supply chain management mentre in passato erano considerate mere funzioni all’interno del sistema di business, oggi sono viste come lo “scheletro del business” e importanti driver della performance globale. Un cambiamento di prospettiva suggerito dallo stesso mercato.
I leader del settore hanno capito che le regole del gioco sono cambiate: non si tratta più di gestire in maniera più efficiente la tradizionale SCM, ma di utilizzare tutti gli elementi business e riconfigurarli per rispondere alla sempre maggior richiesta di market of one.
Le forze che guidano la supply chain verso il cuore delle attività sono essenzialmente tre (A.T.Kearney-Ela, 2000).
La prima è la liberalizzazione che ha unito tanti mercati locali in un mercato a dimensione europea. La denazionalizzazione ha influito sulla struttura delle supply chain: le aziende del settore hanno cercato sempre più di incontrare le esigenze dei clienti su una base panaeuropea.
Il secondo fattore è l’aumento del grado di “preparazione” della clientela che va di pari passo con la globalizzazione.
La moltiplicazione trasversale di best practice accresce di gran lunga la mobilità della clientela e gli esplosivi sviluppi dell’information e communication technology fomentano la crescita di clienti sempre più esigenti “che vogliono il meglio e lo ottengono”.
Il terzo elemento è lo sviluppo di nuove soluzioni informatiche e, in particolar modo, d’internet. Uno strumento che ha sempre maggiori implicazioni nelle operazioni di supply chain.
Questo nuovo modo di vedere lo SCM globale nasce dalla combinazione di comprensione, ovvero la velocità con cui il sistema soddisfa le mutate esigenze del mercato, perché i winner del settore saranno coloro che avranno la capacita di raggiungere i clienti, capendo la loro necessità prima che queste si rendano evidenti; agilità, cioè il modo in cui il sistema si può adottare alle circostanze esterne pur mantenendo costi e struttura del servizio ottimali; affidabilità, massimo output dal minimo input, ovvero la minimizzazione degli sprechi in tutte le attività.
Questi tre elementi devono essere coadiuvati dall’intelligence, ovvero dalla massimizzazione dell’uso di tutte le informazioni.
I leader del mercato saranno quelle aziende in grado di disegnare le loro supply chian intorno a questo modello.
In ogni caso i cambiamenti non garantiscono benefici alla sola supply chain. Questa nuova concezione ridefinirà l’intero modo di fare business di chi è già attivo nel settore e creerà canali per nuovi attori, non provenienti dal business tradizionale.

1.5. Funzionalità e benefici della supply chain management

Le applicazioni di SCM hanno lo scopo di supportare il management nell’attività di pianificazione, ottimizzazione e supporto decisionale; in particolare, nell’ambito dell’attività di misurazione delle performance, è possibile:

  • definire, monitorare e controllare i principali indicatori di natura non finanziaria in unico ambiente.
  • Avere visibilità anticipata sul futuro andamento degli indicatori stessi;
  • Effettuare simulazioni di tipo “what if” per verificare l’impatto sugli indicatori di performance delle diverse scelte di gestione.

Lo SCM può avere anche altri obiettivi: riduzione del presso dei prodotti, time-to-market, differenziazione, consolidamento in mercati di nicchia.
Il ruolo dell’ICT (Informatio Communication Technology) nel SCM è quello di supportare una base informativa per i diversi soggetti coinvolti, permettere l’ottimizzazione del servizio al cliente, aumentare la velocità di comunicazione, ridurre i costi di processo, tracciare le informazioni, consentire reazioni veloci ad eventi imprevisti che si verificano lungo la catena virtuale.
I metodi informatici utilizzabili per evitare cali di efficienza e mantenere fluido il flusso informativo lungo la catena logistica sono sostanzialmente di tre tipi:

  • alcune grandi aziende impongono un sistema informativo comune ai loro fornitori e subfornitori per snellire e semplificare il processo;
  • altre utilizzano tecnologie IP (Internet, Intranet, Extranet, email) che permettono loro di comunicare in modo efficace e diretto con fornitori e clienti, indipendentemente dai sistemi legacy in uso;
  • altri ancora utilizzano ERP che comprendono i moduli necessari alla gestione dell’intera catena del valore (tra cui SCM).

Quest’ultima soluzione si adatta in modo particolare a alle aziende che possiedono magazzini e impianti produttivi dislocati in località distanti tra loro e dalla sede aziendale; l’accessibilità via internet, Intranet, EDI fa si che le informazioni siano disponibili, in tempo reale, dove necessario.
Attraverso questa soluzione in benefici ottenibili sono:

  • trasparenza e visibilità sull’intera supply chain di dati riguardanti vincoli, saturazione di risorse e utilizzo di materiali;
  • maggiore velocità nel prendere decisioni per rispondere adeguatamente a tutte le variazioni, sia interne che esterne, che impattano sul normale flusso di approvvigionamento-produzione-delivery;
  • migliore utilizzo delle risorse e riduzione delle giacenze di magazzino;
    miglior servizio e migliore informazione al cliente.

L’ottimizzazione delle procedure di gestione, di approvvigionamento e di delivery necessita fondamentalmente di strumenti efficaci e innovativi in grado di eliminare le problematiche legate alla comunicazione e alla condivisione delle informazioni, al fine di ridurre in modo sensibile i costi relativi (telefono, fax, ore lavoro), i tempi di approvvigionamento e di follow up.
Gli strumenti di SCM rispondono principalmente a questi obiettivi, cioè al raggiungimento della massima efficienza nei processi di comunicazione e nei flussi informativi lungo la catena logistica estesa (dal sub fornitore al cliente finale).
I principali benefici legati all’adozione di soluzioni SCM sono chiaramente identificati dalle tre “C”:

  • cooperazione: attraverso la comunicazione e lo scambio di informazioni relative a livello delle scorte, dati previsionali, trend di vendita, trend della domanda, il livello di cooperazione tra i soggetti presenti lungo la supply chain aumenta in modo significativo;
  • coordinamento: il coordinamento delle operazioni permette di ridurre i tempi tra l’ordine e la consegna, adottando un approccio just in time;
  • comunicazione: la comunicazione attraverso protocollo IP e il trasferimento di documenti tramite EDI consentono di monitorare in modo efficace le diverse fasi di gestione dell’ordine.

Adottando una soluzione di SCM, le aziende possono ricavare ulteriori vantaggi in più aspetti della loro attività:

  • riduzione del capitale circolante, che può essere ottenuta tramite minori scorte e tramite un ciclo cash to cash più veloce;
  • efficienza degli investimenti, ottenibile effettuando un ridimensionamento dei magazzini e avendo una maggior disponibilità di informazioni a supporto del processo decisionale in area produzione ( es. scelta make or buy di alcuni componenti del prodotto finale);
  • miglioramento del servizio al cliente finale;
  • riduzione dei costi, ottenibile automatizzando le operazioni ripetitive quotidiane, il comparto packaging e le spedizioni;
  • incremento dei ricavi, raggiunto grazie alla possibilità di personalizzazione del prodotto.

L’ottimizzazione della supply chain si sviluppa su tre livelli:

  • sul piano strategico si tratta di definire la struttura e l’utilizzo del network fisico per raggiungere gli obiettivi di business al minor costo;
  • sul piano tattico il SCM riguarda la previsione della domanda, della produzione, della distribuzione e del trasporto;
  • suo piano operativo, la pianificazione e ciò che succede in tempo reale permettono di avere informazioni sul singolo stabilimento come su quanto è in transito piuttosto che in spedizione.

Sempre in riferimento alle funzionalità le applicazioni di SCM possono essere suddivise in due segmenti: Supply Chain Planning e Supply Chain Execution.
Il primo segmento raggruppa e analizza le informazioni contenute nel database aziendale per prevedere la domanda e di conseguenza programmare la produzione; può essere applicato per decisioni operative e strategie di lungo termine.
Il secondo utilizza le informazioni generate dal primo per guidare la produzione, la logistica e i movimenti di materie prime, componenti e prodotti finiti, può essere usato per determinare la capacità produttiva e creare un piano di produzione che soddisfi le esigenze di domanda e sia adattabile ai cambiamenti (figura 1.2).

Figura 1.2: Due segmenti di SCM.

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Fonte: Cherry Tree&Co. Research, 1999.

1.6. I modelli della Supply chain management

Alcuni studi effettuati da aziendalisti hanno individuato quattro tipi fondamentali di catena della fornitura o supply chain management (Ferrozzi e Shapiro,2001).
Il termine “fondamentale” significa che nella realtà si possono trovare molte varianti al modello di base. Significa anche che diverse catene sono caratterizzate, nelle relazioni tra fornitori, impresa e clienti, da più di un modello contemporaneamente.
Lo scopo della schematizzazione è dunque di valutare a quale modello l’azienda che stiamo esaminando, si avvicina maggiormente e considerare quali scelte di natura strategica ed operativa si possono fare (o si devono accuratamente evitare), dal momento che si appartiene a quel modello.

1.6.1 Primo modello

Il primo modello viene identificato come “modello di base”. Può anche essere considerato lo stadio zero della evoluzione verso il Supply Chain Management.
È dunque un modello storico, presente da sempre nelle relazioni tra imprese e, proprio per questo, lo si può chiamare “tradizionale” (figura 1.3)
Si tratta del classico rapporto tra chi fabbrica un prodotto e chi lo deve, poi, commercializzare; o comunque farlo arrivare ad un cliente finale (consumatore).
Nella relazione tra coloro che fanno parte della catena è imperativo il “contenimento dei costi”.
Il che significa che ogni scelta o decisione che viene presa lungo la Supply Chain è figlia di una valutazione. Di un meticoloso bilancio tra costi e benefici.
Di carattere per lo più immediato; non si guarda al futuro lontano quando si opera in questo tipo di catena.
Figura 2: Modello tradizionale, stadio zero della evoluzione della catena di fornitura.

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Fonte: Ferrozzi e Shapiro,2001.

Ciò che si vuole di solito realizzare, e che può creare anche accordo sugli obiettivi tra fornitori e clienti, è una sostanziale riduzione dei costi.
Il che significa che i rapporti tra i fornitori e clienti sono improntati sulle tradizionali leve necessarie per “misurarsi” a vicenda. Ricordiamo il “vendor rating” (classificazione dei venditori) sulla base soprattutto dei prezzi spuntati nella fornitura.
Oppure le negoziazioni fatte “a braccio di ferro”, gli acquisti centralizzati al fine di esprimere un potere maggiore nei confronti del fornitore, la scelta di avere un numero di fornitori molto elevato per poterli mettere in competizione tra loro.
Ed altri meccanismi che hanno, in comune, una filosofia di fondo: qualsiasi partner è in ogni momento intercambiabile.

1.6.2. Secondo modello

Il secondo modello che rappresenta un primo stadio evolutivo della catena della fornitura. Può essere chiamato il modello delle “relazioni intelligenti” (figura 1.4).
In questo tipo di catena, sia il produttore che l’intermediario (per lo più un distributore) sono rappresentati da imprese forti, autonome, con obiettivi di crescita e di dominio del mercato ben precisi.
Il produttore investe per ottenere una leadership ed una fedeltà alla propria marca (brand loyalty). In modo analogo si comporta il distributore, che dedica le proprie energie a ricercare una leadership di prodotto e di mercato, la fedeltà alla propria insegna (store loyalty).
Trattandosi di due figure forti, sono entrambe in grado di investire per conoscere meglio i meccanismi con cui ci si relaziona all’interno della catena. Della catena percepiscono quindi i punti di debolezza e sanno sfruttare le opportunità.
Per questo motivo il loro principale obiettivo è la riduzione degli sprechi, dei costi d’interfaccia.
Come, ad esempio, i costi delle scorte, dei controlli della qualità, i costi indotti dalle rotture di stock.

Figura 1.4: Modello delle “relazioni intelligenti”.

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Fonte: Ferrozzi-Shapiro,2001.

Per realizzare ciò, la riduzione degli sprechi. Sono disposti a scambiarsi informazioni; ma, in numero limitato.
Dove il limite è costituito dalle sole informazioni essenziali per lo scopo che si vuole raggiungere.
Nella sostanza le due imprese restano fortemente indipendenti l’una dall’altra. Per fare qualche esempio, mi vengono in mente le note relazioni tra i grandi retailers e i grandi produttori. Relazioni avvenute in tutto il mondo; negli Stati Uniti: Wall Mart e Procter & Gamble, HE Butt e Campbell Soup. In Inghilterra Sainsbury e Purina. In Svizzera Migros e Nestlè. In Italia Barilla e Conad, e cosi via.
Il tipo di relazione che imprese di questo genere sono solite impostare può essere chiamato “coordinamento”. Un termine che esprime una sostanziale autonomia d’azione e di scelta. Nello stesso tempo evidenzia che, coordinando opportunamente i movimenti, si possono ridurre gli sprechi.
Crediamo, ma lo faremo notare ancora una volta più avanti, che sia il modello con le maggiori possibilità di realizzazione.
I successi che si vedono in giro per il mondo, pur non essendo numerosissimi, lo confermano.

1.6.3. Terzo modello

l terzo modello considerato, rappresenta un diverso stadio d’evoluzione della catena tradizionale.
Lo si può definire il modello “dell’impresa dominante”. Ossia una catena nella quale agisce, quasi sempre al centro della filiera, una impresa che guida (meglio: “domina”) l’intera catena (figura 1.5).

Figura 1.5: Modello di catena detta “dell’impresa dominante”.

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Fonte: Ferrozzi-Shapiro,2001.

Per illustrare le caratteristiche di questa Supply Chain facciamo uso di un esempio, ben noto nel mondo delle imprese, studiatissimo a tutti i livelli: Benetton (e la catena della fornitura).
L’impresa al centro è in perfetta sincronia con i suoi fornitori e si rivolge ad un mercato che la segue da vicino, ne apprezza i prodotti, le resta fedele nel tempo.
L’impresa dunque ha sviluppato un proprio modello molto integrato, verticale ed impone il proprio sistema operativo (con tutte le sue regole, i suoi divieti, le sue concessioni) a monte ed a valle.
Decide per tutti cosa si deve fare e come lo si fa. La presenza di questo “attore dominante” all’interno della catena riduce quasi a zero le possibilità di conflitto.
Chi si pone di traverso salta, è espulso. L’obiettivo di fondo della gestione di questa catena è un corretto bilanciamento tra strategia d’innovazione (che comporta sempre costi alti) e volumi elevati (che consente di operare con costi contenuti).
Si opera principalmente collegando i fornitori con ogni mezzo consentito, soprattutto quelli offerti dalla evoluzione della informatica e delle comunicazioni.
È proprio in queste catene che troviamo i cloni del Just In time, il Quick Response, le varie forme di EDI, Internet. C’è un solo protagonista, quindi, all’interno della catena, che spende energie e fa investimenti per sostenere la validità dell’intero ciclo.
Le relazioni tra i fornitori e clienti sono improntate sulla dominanza ma anche sulla stretta collaborazione.
Il termine per definire il tipo di relazione che s’instaura tra imprese lungo la catena si può prendere dal dizionario: “collaborazione” il che significa, lavorare insieme per raggiungere un unico e chiaro obiettivo.

1.6.4. Quarto modello

Il quarto modello, rappresenta lo stadio più evoluto di una catena della fornitura. Lo abbiamo chiamato modello della “partnership” (figura 1.6).

Figura 1.6: Modello di catena della fornitura definito “partnership”.

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Fonte: Ferrozzi – Shapiro ,2001.

L’impresa non domina i fornitori, non decide come si deve distribuire il prodotto finito, come si deve impostare lo stabilimento, come si deve gestire l’innovazione.
L’impresa riesce a stare nel mercato sostanzialmente perché si unisce ad altre imprese (veri e propri partner) che con lei cercano il successo.
Si sta uniti per creare una Supply Chain in grado di competere contro un’altra Supply Chain. Per guadagnare quote di mercato.
Ecco che, per “stare insieme”, lo scambio di informazioni non si limita ai programmi di produzione o ai dati sulle scorte.
Assieme ai fornitori, si fa innovazione, si scambiano informazioni sui piani di sviluppo futuri, sulla ricerca e lo sviluppo, sulla evoluzione della tecnologia. In altre parole si cerca di definire e realizzare una visione unica, e non tradizionale, del futuro.
Il successo in questo caso (stiamo parlando del successo della catena, non del protagonista) è condizionato dal più debole dei partner di catena.
Esattamente come accade a una catena che, quando viene tirata, si spezza in corrispondenza dell’anello più debole. Non serve avere anelli spessi e durissimi, se poi ce n’è uno solo fragile e sottodimensionato.
Tutti i partner della Supply Chain hanno quindi interesse a rinforzarsi a vicenda.
Il tipo di legame che lega i componenti non può essere che una vera e propria “partnership”.

1.7. Collaborare oppure no lungo la Supply chain

Mettendo a confronto i quattro modelli fin ora esaminati, saremo in grado di fare dei ragionamenti di tipo strategico intorno alla Supply chain.
Inserendo i modelli in una matrice (figura 1.7) i cui assi sono l’importanza strategica di possedere una efficiente Supply chain per competere (alta e bassa) e l’importanza operativa dell’essere abili oppure no di gestire una catena relativamente complessa (alta e bassa).
In questo modo saranno collegate le complessità di gestione della catena.

Figura 1.7: Matrice tra aspetti strategici ed operativi.

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Fonte: Ferrozzi – Shapiro ,2001.

Esaminando la catena si possono trarre alcune conclusioni:

  • Partiamo dal quadrante in basso a sinistra. Siamo in presenza di un fatto non strategico per l’impresa e di una modesta complessità di gestione. La catena della fornitura è quindi di tipo tradizionale. Si agisce all’interno della Supply Chain, come si è sempre fatto finora. Il mondo dei fornitori e quello dei clienti sono distinti. Ciascuno è focalizzato a comprendere il proprio settore a competere con concorrenti, simili a lui nel modo di affrontare il mercato. Il rapporto tra fornitori e clienti è improntato sull’indipendenza, ne deriva una “scarsissima collaborazione”. Ciascuno allora fa la propria strategia. Se, per caso, gli obiettivi dell’uno o dell’altro sono in contrapposizione, si finisce per lottare. Altrimenti non si sopravvive. Il quadrante lo chiamiamo “tradizionale”.
  • La gestione, invece, di un fatto che richiede libertà di strategia alle imprese, ma che risulta complesso da gestire, spinge al coordinamento. Siamo nel quadrante in basso a destra. Il coordinamento serve sostanzialmente per eliminare quegli sprechi (sono a dire il vero numerosi) che la gestione di una catena complessa di solito genera. Si pensi, ad esempio, alla gestione dei prodotti nei supermercati e alle conseguenti scorte che occorre tenere a magazzino, se poi si prende in esame il mondo dell’abbigliamento, la catena è ancora più complessa da gestire e le necessità di coordinamento aumentano a dismisura. Il quadrante di cui si parla lo si può chiamare “coordinamento”.
  • Saliamo nei “quadranti alti”. Quelli in cui le operazioni che si svolgono lungo la catena assumono anche un rilievo strategico. Il che significa che il lavorare ben coordinati consente di battere la Supply Chain dei concorrenti. Nel caso ci si trovi ad operare in un ambiente semplice, l’atteggiamento vincente è collaborare. Nei fatti ciò significa che tutti gli operatori della catena hanno obiettivi coincidenti e quindi i conflitti sono smussati, circoscritti, rari. Tuttavia, essendo la catena semplice da gestire, il lavorare insieme si limita a gestire al meglio gli appuntamenti nel tempo, a evitare doppie attività, a fidarsi reciprocamente. Siamo nel quadrante in alto a sinistra, lo abbiamo chiamato il quadrante della “collaborazione”.
  • Infine c’è il quadrante in alto a destra, quello che abbiamo chiamato della “partnership”. È forse il più illustrato negli esempi, il più citato dai testi. Il più difficile, però, da trovare realizzato. È l’unica via per gestire fatti complessi in uno scenario in cui la gestione della Supply Chain riveste forti valenze strategiche. I partner, in quanto tali, condividono obiettivi, vantaggi, costi, rischi.

Di fronte a questo quadro, è possibile trarre alcune indicazioni sulle difficoltà che si trovano quando si devono realizzare in pratica e, soprattutto, far funzionare nel tempo i vari tipi di coordinamento all’interno delle differenti Supply Chain.

  • Se all’interno della catena, le implicazioni strategiche sono elevate, in quel caso operare da soli “semplifica la vita”. Ogni tipo di coordinamento, infatti, risulta difficile, dal momento che occorre interfacciare le proprie valenze strategiche con i gradi di libertà di altri. Spesso le due cose sono inconciliabili. E allora, se non si vuole il conflitto, si deve cercare una qualche forma di mediazione. Che non è mai risolvente.
  • Se invece sono le valenze operative che predominano, allora ci sono grandi vantaggi ad usare qualche tipo di coordinamento. Operare da soli non paga. Occorre ricercare economie di scala, sinergie a tutti i livelli. E questo vale per qualsiasi settore, e per qualsiasi attività, persino nella definizione dell’assortimento. Cosa quest’ultima, che sembra essere compito esclusivo del cliente, ma che, in pratica, può essere conveniente farlo con i fornitori.

Ecco che la matrice precedente può essere riscritta in un’altra chiave di lettura (figura 1.8) andando a leggere, questa volta, sugli assi la convenienza, o meno, ad operare in maniera indipendente, oppure con una qualche forma di coordinamento.
È interessante, a questo punto, rilevare come, nella matrice, la coincidenza tra le esigenze dei fattori strategici e quelle dei fattori operativi si ritrova nei settori chiamati coordinamento e collaborazione.

Figura 1.8: Modello ottenuto incrociando l’aspetto strategico con quello operativo, però questa volta dal punto di vista della convenienza nella realizzazione

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Fonte: Ferrozzi e Shapiro, 2001.

Questi settori possono essere definiti, quindi, di più immediata realizzazione, visto che non vi sono incoerenze tra le esigenze dettate dalla strategia e i vantaggi legati all’operatività.
I conflitti sorgono invece quando aspetti strategici ed operativi hanno esigenze opposte. Il caso cioè in cui le scelte strategiche sono favorite dall’indipendenza mentre i fattori operativi richiederebbero, al contrario, coordinamento. In questi casi, sorgono (e sono tutti da risolvere se si vogliono raggiungere i benefici) pesanti conflitti di tipo strutturale.
È in questa situazione che ricadono gli altri due settori. Innanzi tutto quello della partnership, di cui si percepisce immediatamente la criticità quando si va a mettere in pratica. Basti pensare all’innaturale scambio di informazioni di tipo tecnologico, ai programmi di sviluppo stilati insieme, ai rischi condivisi quando, ad esempio, si lancia un prodotto in cui non si sa se avrà successo.
Quello che colpisce è la scarsa realizzabilità (sulla carta) di un modello che è in uso da sempre, quello tradizionale.
Se non si riflette, si rischia di negare l’intera analisi, ora, accade che, in apparenza, in questo modello non sembra esservi difficoltà, se ci fossero state, visto che si tratta d pratiche in uso da centinaia di anni, sarebbero comunque emerse.
Nei fatti, le difficoltà sono enormi, solamente che sono state percepite appieno solo in questi ultimi anni, tanto è vero che è proprio questo il settore che si sta cercando di migliorare attraverso le nuove teorie che riguardano la Supply Chain.
Per finire, voglio ricordare un fattore, particolarmente importante quando si va a realizzare un prodotto/servizio innovativo nell’area della catena della fornitura.
Per prima cosa gli aspetti critici della curva d’esperienza. Si tende a dimenticare che qualsiasi sistema, prima o poi, va a regime.
In tempi più o meno lunghi, con più o meno sofferenze, con risultati che non sempre coincidono con le aspettative. Questo significa che si può far funzionare qualsiasi cosa nel tempo. Non ci s’illuda che, poiché un sistema funziona, si è raggiunto un gran risultato.
L’opera di scelta di un modello che si vuole applicare è la variabile cruciale. Per questo deve essere studiata a lungo, profonda, estesa, mediata e, alla fine, adottata con gran determinazione.

1.8. Supply Chain Management ed Internet

L’estensione di Internet a tutti nel mondo condurrà all’estrema decentralizzazione del potere sostanzialmente condiviso da ogni essere umano (Wilson, 2000).
Di questa tendenza se ne sono rese conto da tempo le aziende dotate di maggiori intelligenze che si stanno organizzando, o riorganizzando, intorno alla nuova figura del cliente “empowered¹” .
Il Web è un fattore che cambia non solo il modo di comunicare, ma soprattutto il modo di progettare, produrre e consegnare le merci e i servizi. Insomma che, costringe a ridisegnare radicalmente la Supply Chain, che diventa digital Supply Chain, dove lo sforzo prodotto per andare incontro ai bisogni dei clienti sta mettendo in luce l’obsolescenza dei modelli di business tradizionali. L’E-business richiede una forte revisione dei processi aziendali tradizionali per essere in grado di cogliere tutte le opportunità. Le inefficienze d’oggi saranno amplificate nella New economy.
La chiave per il successo sarà la creazione di un’organizzazione basata sul valore, organizzata dinamicamente, abilitata dalla tecnologia e focalizzata sulle competenze a valore aggiunto.
La base degli asset si sposterà dagli “hard asset” a quelli virtuali, derivanti da velocità, agilità, e creatività.
Non si tratta di automatizzare ma di innovare; le leve di riduzione dei costi sono le nuove idee e un utilizzo efficace della tecnologia, non certo il mero ridimensionamento delle persone che compongono la forza lavoro. Così, i fattori critici per vincere nel digital marketplace si possono ricondurre a quattro (Masera,2000):

  • lo sviluppo di mercati e canali intelligenti;
  • lo sviluppo di prodotti e servizi intelligenti;
  • lo sviluppo di organizzazioni intelligenti (cioè basate sul valore);
  • il tempo e la velocità come “value proposition”.

L’impatto organizzativo per sviluppare tali fattori è altissimo, in termini di ridefinizione di responsabilità e delle deleghe, di potenziamento delle risorse, di controllo dei processi.
Operare nella digital Supply Chain vuol dire aumentare drasticamente la propria capacità di fare partnership.

1.8.1. Lo sviluppo dei mercati intelligenti

Gli economisti suggeriscono che stiamo entrando nella “consumer economy”, un ambiente che dà più potere ai consumatori che, a loro volta, chiedono prodotti nuovi o migliorati e servizi a pressi sempre più ridotti.
E, sia nel contesto business to business (B2B) sia in quello business to consumer (B2C), c’è una forte spinta alla personalizzazione. Questo cambiamento richiama all’attenzione come il meccanismo che abilita l’economia, la supply chain, sia generalmente monolitica per natura e non individuale.
Durante l’economia industriale articoli monolitici erano prezzati dal produttore, che ne assicurava il rifornimento in modo continuativo e a qualità costante. Ma la domanda giornaliera del nuovo cliente empowered non può essere gestita con un approccio tradizionale di approvvigionamento e produzione.
Si immagini un gruppo di consumatori diviso a metà, con la prima metà che richiede un prodotto configurato in un determinato modo in sette giorni e l’altra metà che vuole lo stesso prodotto configurato in modo diverso in tre giorni.
Questo è il costante dilemma delle imprese manifatturiere che devono scontrarsi con la produzione e la consegna in due o anche venti modi diversi.
Al fine di rispondere alle nuove condizioni e guadagnare un vantaggio competitivo, i sistemi di produzione e supply chain dovranno spostarsi da driver di tempo, costo e qualità verso un focus su quattro caratteristiche:

  • dimensioni ridotte all’indispensabile (lean) per eliminare sprechi e ridondanze;
  • capacità di rispondere in tempi sempre più brevi stimoli eterogenei (responsive) per soddisfare i requisiti dei clienti in modo proattivo;
    agilità per ottimizzare i costi e il servizio in uno scenario di rapidi cambiamenti;
  • intelligenza per massimizzare l’utilizzo delle informazioni disponibili tra i partner di una supply chain per volgere in vantaggio competitivo ogni cambiamento.

Per fare ciò esistono tutti gli strumenti tecnologici, ma in molte aziende devono ancora essere assimilate la mentalità e la cultura necessarie. Si pensi ad esempio ai dati oggi raccolti dalle aziende sui punti vendita: forniscono un forte miglioramento nella comprensione del comportamento del consumatore, ma al fine di soddisfare accuratamente la domanda occorre ripensare totalmente lo sviluppo del prodotto, coinvolgendo pesantemente consumatori, clienti e fornitori.
Il disegno di Supply Chain tradizionale con il suo modo di comunicazione lineare deve cambiare in un modello flessibile con un network di interazioni in tempo reale.
Insomma, i produttori hanno un rischio particolare, specialmente con merci caratterizzate da un lungo lead-time¹ dove c’è una forte pressione a ridurre il ciclo di sviluppo. Così, nelle organizzazioni avanzate sono stati introdotti modelli per sovrapporre lo sviluppo di un concetto alla fase di realizzazione che permettono di anticipare una parte del cambiamento fondamentale che deve prendere atto.
Ma occorre espandere il concetto per includere un driver mancante: la compressione del tempo.
Non bisogna solo muoverci verso un business model di pianificazione e implementazione che sia flessibile, bisogna pure condurre i processi in parallelo e in una finestra temporale compressa, perché è quello che i consumatori stanno chiedendo.

1.8.2. Il tempo e la velocità come value proposition

Scriveva Napoleone Bonaparte che in guerra non c’è niente di peggio della perdita di tempo. La stessa cosa vale per la digital supply chain (Masera, 2000).
Tuttavia come emerge da una recente ricerca² , su 200 aziende logistiche³ , almeno il 12% degli ordini sono in ritardo e l’8% sono semplicemente sbagliati.
I numeri riflettono un sistema che gestisce il prodotto e i requisiti di consegna mantenendo un eccesso di inventario anziché una costante comunicazione con i consumatori e i partner di business.
In questo scenario la definizione di una strategia di e-business dovrà identificare nuovi mercati, comunità di clienti, canali a cui proporre nuvoi prodotti/servizi da fornire con modalità operative innovative, con un esteso ricorso a partner nella Supply Chain.

1.8.3. Lo sviluppo di organizzazioni intelligenti

Lo sviluppo di organizzazioni intelligenti, dal punto di vista della distribuzione porterà a profondi cambiamenti nell’area logistica come ad esempio:

  • il coinvolgimento iterattivo di clienti e fornitori nel disegno dei nuovi prodotti e servizi;
  • l’instaurazione di processi collaborativi di previsione, pianificazione e rifornimento su tutta la supply chain;
  • una tracciabilità e una visibilità estesa di tutte le fasi della supply chain, con un monitoraggio puntuale del livello di servizio al cliente finale;
  • la capacità di simulare e ripianificare online con clienti e fornitori, ripercotendo a valle e a monte gli eventi non pianificati che dovessero accadere;
  • la capacità di cogliere sul mercato le opportunità non pianificate;
    la capacità di gestire la propria base clienti attraverso micro-segmentazioni per identificare in anticipo nuove comunità e nuovi bisogni.

Costo e prezzo sono ridefiniti in questo nuovo spazio economico. L’avviso per i produttori è di pianificare la produzione a partire dalle informazioni dei punti di acquisto, così da riempire gli scaffali con ciò che le persone vogliono comprare.
Comunque bisogna anche confrontarsi con il fatto che con gli attuali sistemi non flessibili e reattivi, è spesso non economico produrre quello che i clienti vogliono.
In una supply chain strutturata per cautelarsi contro la comunicazione errata o mancante, le imprese non sono in grado di dare ai consumatori tutto ciò che chiedono nei punti vendita.
Rispetto alle società Internet, più facilitate perché con bassi investimenti in “asset” e quindi più aggressive, i fornitori tradizionali e i produttori partiranno sulla difensiva, cercando di proteggere o avere la massima utilizzazione dei loro asset che non erano mai stati concepiti per un mercato digitale. La chiave del successo per tutti sarà il focus sui “core value driver”.
Le imprese avranno bisogno di essere flessibili, concentrandosi sulle aree che danno il massimo impatto di business.
Le grandi società dovranno ricorrere sempre più all’outsourcing e alle alleanze, per riuscire a completare in tempi sempre più corti i cambiamenti richiesti dal mercato. Ma questo richiederà una capacità di condividere ed massimizzare l’uso delle informazioni a una velocità a cui oggi un gran numero di aziende non sono ancora pronte: occorrerà farlo in real time¹ .
Tali requisiti comporteranno la necessità di abilitare nuove capacità in azienda su diversi fronti.
Nel marketing occorrerà sviluppare il “profiling” dei clienti, la capacità di creare la domanda e di gestire in modo integrato il cross-sell e l’up-sell.
Nell’area commerciale occorrerà aver la capacità di personalizzare le offerte a livello di singolo consumatore offrendogli online la possibilità di configurarsi i prodotti, calcolarsi il prezzo ed eseguire l’ordine, supportandolo con un customer service in grado di tracciare passo per passo il suo ordine e la sua merce.
Ma altrettante e più sofisticate funzionalità dovrà dotarsi l’azienda nel back-end per essere in grado di assicurare il nuovo livello di servizio richiesto sia a livello di pianificazione della domanda che a quello di programmazione dei rifornimenti e di evasione dell’ordine.

1.8.4. Prodotti e servizi intelligenti

I consumatori più esigenti potrebbero gia avere delle opzioni per soddisfare i loro bisogni, ma stanno cercando prodotti che fanno di più, che fanno risparmiare più tempo, che sono più flessibili, e sono disposti a pagare di più.
Nuovi valori di risparmio tempo/valore stanno influenzando le interazioni con i consumatori e la segmentazione dei clienti.
L’offerta commerciale dovrà articolarsi in contenuti fisici e di informazioni.
L’informazione diventerà sempre più importante e sarà commercializzata insieme ai prodotti per attrarre e trattenere i clienti.
Importante sarà ottimizzare le strategie dei nuovi brand gia esistenti. I nuovi canali dovranno essere esplorati per evitare possibili cannibalizzazioni o eccessiva frammentazione.

1.9. L’utilizzo di Internet per catturare maggior valore dalla SCM: tre modelli possibili

L’utilizzo di Internet volto ad estrarre maggior valore dalla supply chain può essere schematizzato secondo i seguenti tre modelli:

  • Web-enabled, ovvero utilizzare Internet per beneficiare di minori costi di interazioni all’interno della supply chain esistente;
  • Web-configured: utilizzare Internet per riconfigurare la propria supply chain;
  • Web-innovated: utilizzare Internet per creare nuovi modelli di business.

1.9.1 L’azienda Web-enabled

Con l’introduzione di Internet è possibile migliorare notevolmente la performance della propria catena logistica.
I casi di applicazioni già funzionanti con ottimi risultati abbondano: ad esempio è possibile gestire i proprio acquisti via Internet inviando e processando automaticamente gli ordini verso i fornitori, dando loro visibilità in tempo reale sulle proprie scorte di magazzino o sui ritmi di produzione; è possibile condividere documenti e progetti tra gruppi di lavoro lontani di una stessa azienda o di più aziende, oppure ancora offrire il customer service online.
Per applicare con successo il modello Web-enabled, un’azienda deve innanzitutto individuare le poche aree della propria supply chain che costituiscono effettivamente fonte di forti criticità e concentrare su queste aree lo sforzo di applicazione delle nuove tecnologie.
Ad esempio, è evidente che settori caratterizzati da una forte innovazione di prodotto, come il settore dell’elettronica di consumo e della moda, abbiano nell’obsolescenza dei prodotti una forte componente critica. Per aziende appartenenti a tali settori sono chiaramente prioritari interventi volti a ridurre le scorte lungo tutta la catena logistica e a migliorare la visibilità della domanda, ad esempio attraverso comunicazioni in tempo reale di informazioni dai punti vendita.
Invece in settori come quelli dell’industria automobilistica e dell’aeronautica, l’utilizzo di una Extranet volta a migliorare la capacità di collaborative design può avere uno straordinario impatto sulla riduzione dei tempi di progettazione di nuovi modelli, variabile tra le più critiche per tali aziende.
Un’ulteriore area dove sono emersi chiari esempi di successo è quella della gestione online degli acquisti o “e-procurement”. La realizzazione di marketplace proprietari o la partecipazione a marketplace consociativi ha infatti creato enormi benefici di costo per le aziende, sia per i fornitori che per gli acquirenti.

1.9.2 L’azienda Web-configured

L’introduzione di Internet nella propria supply chain può essere volto non solo all’ottimizzazione della supply chain esistente ma anche alla profonda revisione della stessa. Alcuni esempi delle opportunità perseguibili sono:

  • gestire in outsourcing le attività meno critiche grazie alla crescente presenza di terze parti focalizzate su singoli segmenti della supply chain;
  • digitalizzare e gestire completamente in forma elettronica prodotti e servizi caratterizzati da elevato contenuto informativo;
  • eliminare le funzioni a scarso valore aggiunto ridisegnando il proprio business model per servire unicamente i segmenti di clientele più profittevoli.

Molte di queste opportunità erano già presenti prima dell’avvento di Internet. Tuttavia Internet ha portato con sé alcuni fattori che hanno reso queste opportunità molto più interessanti. Si tratta di fattori non solo economici, ma anche culturali.
Il più importante tra questi è rappresentato dalla forte tendenza di tutte le aziende Internet, siano esse start-up o divisioni di incumbent, alla creazione di partnership e alla condivisione di informazioni.
Ad esempio, Internet ha rimosso direttamente o indirettamente molti dei vincoli che avevano spinto molte aziende a non adottare alcuna politica di outsourcing. La possibilità di condividere in tempo reale le informazioni con più fornitori, la maggior ricchezza e integrazione dei flussi informativi disponibili e la crescente offerta di terze parti specializzate nella gestione di singole porzioni della supply chain sono solo alcuni dei fattori che hanno stravolto lo scenario preesistente aprendo scenari di forte esternalizzazione della attività difficilmente ipotizzabili pochi anni fa.

1.9.3. L’azienda Web-innovated

I nuovi modelli di business generati dall’avvento di Internet sono numerosi, basti pensare a titolo di esempio ai portali, orizzontali e verticali, alle community o ai siti di aste online. Alcuni di questi nuovi modelli di business derivano dall’impatto che Internet ha avuto sulla supply chain di altre aziende. Trattandosi di modelli di business, spesso molto diversi tra loro, non è facile indicare linee guida che possano essere di riferimento per aziende che pensino di adottare il modello Web-innovated.
Esiste pero sicuramente un tratto comune alle aziende che hanno tratto dall’applicazione di detto modello la fonte del loro successo: assoluta eccellenza nella gestione di una singola porzione, piccola a piacere, della supply chain e conseguente posizionamento nel ruolo di “terza parte” nei confronti delle aziende che valutano l’opportunità di gestire in outsourcing la specifica porzione della propria supply chain.
L’introduzione di Internet nella gestione della supply chain ha visto spesso gli start-up nel ruolo di fornitori di componenti di infrastruttura tecnologica. Gli esempi di maggior successo sono sicuramente Verisign, leader indiscusso nella fornitura di certificati digitali e CommerceOne ed Ariba per quanto concerne le piattaforme per la creazione e gestione di marketplace.
Contrariamente a quanto accaduto in molti altri settori, gli incumbent hanno avuto la capacità di vestire i panni degli innovatori cogliendo rapidamente le opportunità che si presentavano.
Anche in Italia sono in corso di implementazioni o hanno da poco visto la luce iniziative volte all’estensione tramite Internet dalla supply chain.
L’entità dei cambiamenti in atto è tale per cui nessuno può permettersi di non agire, ovvero di non adottare uno dei modelli descritti, correndo il rischio di essere marginalizzati da nuovi concorrenti.
Purtroppo non esiste ancora una ricetta standard: ciascuna azienda deve trovare la propria strada, analizzando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, ma anche tenendo conto dei punti di forza e debolezza della propria organizzazione.

2°: L'E-Procurement

2.1. Definizione

L’opportunità offerta dalle tecnologie digitali di operare profonde razionalizzazioni nei processi di acquisto di forniture sta diventando un’arma indispensabile nella lotta competitiva tra imprese, visti i consistenti effetti positivi nella riduzione dei costi delle aziende che hanno adottato l’e-procurement.
E’ stato messo in evidenza da numerosi casi, che l’automazione delle procedure d’acquisto tramite tecnologie proprie dell’e-procurement (approvvigionamento tramite Internet), consente, nelle grandi aziende, di realizzare una diminuzione dei costi in media dell’8-12% sul totale degli acquisti.
Pur essendo minore l’impatto per le piccole e medie imprese, attestandosi mediamente su circa il 5% del valore totale dell’acquisto, l’adozione di procedure e tecnologie proprie dell’automazione degli acquisti può rappresentare un’importante leva competitiva nella corsa alla riduzione dei costi.
Sin dagli anni settanta sono stati avviati progetti per informatizzare le procedure di acquisto di beni e servizi tra aziende e fornitori abituali: è stata la diffusione dell’EDI (Electronic Data Interchange) a risolvere il problema.
Un gruppo di aziende si dotava di una rete proprietaria sulla quale transitavano gli ordini e la fatturazione dalle une alle altre. Tale soluzione, tuttavia si è presto rilevata costosa e relativamente pesante poiché necessita non solo dell’acquisto o del noleggio di linee telefoniche particolari per fare circolare i dati, ma anche di sistemi informatici pesanti per trattare questi dati all’interno delle aziende partner.
Solo una grande massa di dati avrebbe giustificato gli investimenti necessari; il mondo delle piccole e medie imprese da un lato e i rapporti non continuativi dall’altro, non rendevano economico l’investimento.
L’arrivo di Internet, negli ultimi anni ha offerto alle imprese la possibilità di utilizzare una rete pubblica, aperta e standardizzata per spostare dati a uso privato delle aziende. Di conseguenza un numero crescente di aziende, piccole, medie e grandi, utilizza la Rete anche per facilitare, accelerare e in fin dei conti automatizzare le procedure esistenti.
Questa apparente semplicità necessita tuttavia di uno sforzo a monte da parte delle imprese in modo che le informazioni che circolano tra i vari partner siano ugualmente sfruttabili da tutti.
Si tratta di consentire alle imprese di acquistare e vendere dei beni e servizi presso i loro partner economici sfruttando la rete. Per raggiungere questo obiettivo ogni impresa che desideri usufruire di tale opportunità deve dotarsi (da sola o tramite terze parti) di un sistema composto da almeno due elementi di base:

  • un catalogo elettronico;
  • una procedura di pagamento.

A questi elementi possono aggiungersene altri:

  • il controllo del ciclo produttivo;
  • la gestione in tempo reale dei magazzini;
  • la gestione dei contratti con i fornitori;
  • le interfaccie con gli spedizionieri, ecc..

L’E-Procurement è l’approvvigionamento e/o l’acquisto di componenti di prodotto, materie prime standard, forniture personalizzate ed altre merci necessarie per svolgere un’attività.
Il processo comprende:

  • l’invio di richieste formali di fornitura di merci e servizi
  • il ricevimento dell’approvazione da parte dell’acquirente
  • l’elaborazione dell’ordine di acquisto
  • l’evasione dell’ordine
  • la consegna
  • il ricevimento
  • il pagamento

L’E-Procurement applica le tecnologie Internet al processo di acquisto nella Supply Chain.
Per le aziende che cercano di migliorare la gestione del contante e ridurre i costi amministrativi l’E-Procurement più che un’opzione interessante sta diventando una necessità.
L’E-Procurement, o approvvigionamento elettronico, è il processo di acquisto su Internet senza utilizzo di carta.
Le soluzioni di E-Procurement sono sistemi di self-service, basati su Internet, completamente automatizzati che snelliscono il processo di compravendita. Le soluzioni offrono inoltre informazioni critiche che agevolano le decisioni di acquisto.

2.2. Evoluzione dell’E-procurement

Le funzionalità di E-Procurement si evolvono generalmente dal semplice acquisto on line di forniture e materiali al coinvolgimento su vasta scala nei mercati on line. L’evoluzione spesso segue le 4 fasi sotto indicate.

Sistema interno di acquisti: in questa fase il reparto acquisti effettua le attività di acquisto on line. I compratori possono lavorare su cataloghi consolidati che descrivono prodotti di fornitori multipli selezionati e completare poi le transazioni sul Web. Questa fase crea le basi da cui espandere il processo di E-Procurement.

Sistema di acquisto diretto: in questa fase l’azienda e la rete di fornitori si allineano meglio. Sfruttando ogni contratto di acquisto predefinito con i fornitori, le aziende possono condividere con loro informazioni dettagliate sul Web per eliminare le inutili fasi della conferma d’ordine, della verifica dei crediti e del controllo degli indirizzi di spedizione.

Coinvolgimento nel mercato: in questa fase l’azienda si unisce o sviluppa un mercato elettronico, il cosiddetto E-Marketplace. Si tratta di un intermediario basato sul Web che unisce compratori, venditori e broker, con l’obiettivo, da un lato, di aumentare la concorrenza tra i fornitori e, dall’altro, far accedere i fornitori ad un più ampio pubblico di acquirenti. Gli E-Marketplace permettono la definizione dinamica dei prezzi, l’aggregazione degli ordini, i fornitori multipli, la visibilità dei prezzi dei vari fornitori e opportunità di collaborazione. L’attività di E-Procurement in un mercato può assumere due forme:

  • partecipazione in un consorzio di scambi commerciali (CTE, Consortium of Trading Exchanges)
  • creazione di scambi commerciali privati (PTE, Private Trading Exchanges)

I mercati di E-Procurement permettono di cercare compratori o venditori qualificati o registrati. Nell’ambito di tali mercati i compratori e i venditori possono specificare i prezzi o lanciare appalti, iniziare e completare transazioni. Molti E-Marketplace consentono inoltre la gestione dei ratei passivi, la liquidazione, l’assistenza clienti ed altri servizi amministrativi.

Collaborazione: in quest’ultima fase l’azienda collega i processi ed i sistemi di acquisto interni a quelli dei propri fornitori attraverso una Extranet dei partner, essenzialmente una connessione sicura tra i sistemi attuata mediante l’Internet pubblica. Quando hanno bisogno di fornitori o di materiali, i sistemi in collaborazione comunicano automaticamente gli ordini, verificano la disponibilità, programmano le spedizioni ed effettuano le transazioni monetarie, tutto senza alcun coinvolgimento del personale addetto agli acquisti. Gli E-Marketplace offrono un modo per integrare subito e con facilità i sistemi con molti fornitori grazie alla definizione di standard reciproci di E-Procurement.

Con il metodo dell’e-procurement i costi amministrativi per transazione e i cicli di prova diminuiscono, l’azienda ricorre maggiormente a fornitori strategici che applicano termini più favorevoli dovuti alla consolidazione del rapporto.
L’introduzione di Internet velocizza i processi, i ruoli del personale e le relazioni con i fornitori delle attività di acquisto dirette e indirette: l’E-procurement indiretto include l’approvvigionamento di prodotti e servizi non direttamente utilizzabili nei processi di produzione, ma necessari ad un business per essere funzionale (per esempio cancelleria, materiale antifortunistico, ecc.).
Gli acquisti indiretti, sono di volume solitamente alto e di valore piuttosto basso e incidono di circa il 35% sull’approvvigionamento totale di molte società.
L’approvvigionamento di beni diretti copre in media il 65% degli acquisti totali e comprende le materie prime e i componenti che l’azienda utilizza per la propria attività caratteristica.
Questa modalità di approvvigionamento avviene utilizzando sistemi EDI e basati sui fax..
Un’analisi dei meccanismi dell’e-procurement insegna che questo sistema raggiunge la sua piena e massima efficienza a condizione di essere adottato da un numero tendenzialmente elevato di aziende.
L’evoluzione attesa nel corso di questi due anni nell’Internet Technology procurement può pertanto riassumersi nella seguente tabella:

Tabella 1: L’evoluzione dell’Information Tecnology

 grafo08

Fonte: Ministero dell’industria Guida al commercio elettronico. Seconda edizione, novembre 1999

2.3. Valutare le aspettative dell’E-procurement

La questione ora è come le imprese debbano valutare le aspettative sull’E-procurement. Come devono muoversi i manager tra il fronte acquisti e il fronte vendite di Internet? Quali dovrebbero essere i temi di scelta tra i vari attori, quando tra i primi arrivati alcuni stanno già lasciando l’attività e altri stanno per essere rilevati da concorrenti di gran lunga più aggressivi?
Le risposte sono legate a due tematiche: gli acquisti via Internet (Internet purchasing) e le aste al ribasso (downward auctions).

Acquisti via Internet (Internet Purchasing). L’Internet purchasing permette alle imprese di piazzare ordini più velocemente via Internet. Invece di aspettare che le persone autorizzate approvino l’ordine e che l’ufficio acquisti inoltri la richiesta ai fornitori (un processo che può richiedere anche settimane), gli impiegati formulano l’ordinativo da una lista precedentemente approvata, direttamente attraverso i loro computer.
Vanno online per l’acquisto di prodotti, come i clienti di Amazon.com vanno online per comprare libri, raccogliendo i loro acquisti in carrelli della spesa virtuali.
L’ordine passa attraverso un processo interno di approvazione, per poi essere mandato elettronicamente al fornitore, lasciando nella sua scia una chiara traccia per le verifiche.
Ciò consente, inoltre, ai professionisti di potersi concentrare sugli aspetti più strategici dell’approvvigionamento, come la negoziazione dei contratti e la gestione dei fornitori. La National Semiconductor è una delle tante ditte che magnifica i vantaggi dell’Internet purchasing, e si vanta di poter ora ultimare un ordine d’acquisto (O.A.) in un solo giorno, contro i 14 giorni di una volta.
Anche i risparmi in termini di costi possono essere altrettanto attraenti. Alla Texas Instruments, il costo per O.A. è calato da $49 a meno di $5 con l’impiego dell’elettronica.
I costi della Pacific Telesis sono scesi in picchiata da $78 per O.A. a 50 centesimi.
L’Internet purchasing aiuta inoltre le imprese a controllare gli acquirenti indipendenti (“>maverick” purchasers) e permette di riprendere il controllo di spese fino ad allora mal gestite. Ricerche condotte dal gruppo Gartner hanno trovato che l’anno scorso una società tipo aveva acquistato fino al 30% dei suoi servizi e beni indiretti da fornitori sprovvisti di contratto quadro, e che questi prodotti finivano per costare 20% in più del dovuto. L’Internet purchasing consente di riunire questi acquirenti isolati.
Il sistema è al tempo stesso più accessibile e più difficile da raggirare poiché mette in evidenza fornitori e prodotti approvati.

Aste al ribasso (Downward auctions). Le aste al ribasso rimpiazzano le tradizionali negoziazioni “round-one”, in cui le imprese si muovono tra numerose richieste di informazioni, seguite da richieste di offerta ai vari fornitori. Di norma, questo processo porta all’esclusione di un buon 80% dei fornitori: alcuni sono eliminati perché non sono sufficientemente qualificati, altri perché l’acquirente non è dotato delle risorse necessarie per condurre le negoziazioni e indagare sulla idoneità di potenziali fornitori. In una asta al ribasso, la competizione rimane aperta a tutti i fornitori qualificati.
Nuovi fornitori, fornitori di paesi lontani, e fornitori particolarmente agguerriti possono senza distinzioni incontrarsi con l’acquirente online per negoziare prezzi e termini. Un caso emblematico è quello della Visteon Automotive Sistem, un fornitore di materiale elettronico con sede negli USA, che ha partecipato alla prima asta online in Agosto.
Assegnando quasi $150 milioni in contratti per la fornitura di schede di circuiti stampati, la Visteon prevedeva che il suo fornitore di materiale elettronico in Asia, spinto dal bisogno di ottenere la commissione, tagliasse i prezzi per vincere la competizione. Non si sbagliava.
I fornitori hanno un’ora, due ore o tre giorni, per offrire i migliori prezzi e le migliori condizioni. Ciò che un tempo richiedeva settimane oppure mesi, ora, viene svolto nell’arco di qualche ora nelle aste online. Il compratore sceglie un fornitore che soddisfi le sue richieste e poi passa alle successive negoziazioni faccia a faccia.
Le aste al ribasso si adattano ugualmente bene alle selezioni basate su criteri diversi dal prezzo: tempo di consegna, qualità, opzioni di finanziamento. Esse sono particolarmente efficaci per imprese che vogliano approvvigionarsi globalmente, poiché risolvono molte delle difficoltà che si incontrano nella conduzione di affari a lunga distanza.
Si immagini una ditta manifatturiera che per l’acquisto di un componente metallico dispone di una rete globale di trenta fornitori. L’impresa si scontra con le barriere linguistiche dovute alla distanza che la separa dai fornitori e trova difficoltà nel determinare quali di essi siano realmente i più competitivi. Passando, però, alle contrattazioni online, la lingua cessa di essere una barriera, perché le offerte sono compilate seguendo una procedura standard. La distanza diventa irrilevante perché i compratori possono partecipare dall’ufficio, da casa o addirittura dalla loro camera di albergo, dovunque si trovi il loro PC.
La velocità delle aste online può ridurre del 30% il tempo che intercorre tra l’avvio di una richiesta di informazioni e l’ordine del prodotto. Online, gli acquirenti possono inoltre ottenere prezzi inferiori dai fornitori: dal 5 al 10% in meno rispetto ai metodi tradizionali di approvvigionamento.
Perché tutta questa differenza tra i prezzi? La ragione principale è che, potendo partecipare più fornitori, l’intero processo d’acquisto diventa più competitivo. Inoltre, i partecipanti all’asta possono vedere chiaramente quanto sono lontani dal “miglior” prezzo e aggiustare il loro di conseguenza.
Diciamo, ad esempio, che un fornitore di componentistica abbia compiuto i passi necessari per un’asta online. Dopo aver studiato le categorie di prodotti, capito la struttura dei costi ed essersi confrontato con il management, avanza l’offerta da lui ritenuta altamente competitiva di $45. Durante lo svolgimento dell’asta, il fornitore osserva un concorrente scendere a $42. In un’asta tradizionale il fornitore perderebbe semplicemente la gara; in una online può scegliere di scendere sotto i $42 e vincere l’appalto.
Inoltre, in un processo di approvvigionamento tradizionale, i fornitori, sapendo che il contratto verrà assegnato in là nel tempo, tendono a tenersi un margine superiore di prezzo per cautelarsi dall’incertezza. In un’asta al ribasso, i fornitori sono più disposti ad accettare un margine di profitto inferiore, a fronte di una assegnazione immediata.
Il feedback immediato, la trasparenza delle negoziazioni e l’eccitazione dell’asta danno alle aste al ribasso un chiaro vantaggio sui processi tradizionali su carta.
Internet non offre una soluzione adeguata per ridisegnare un sistema d’approvvigionamento frammentato. L’E-procurement può cambiare i mezzi che le imprese usano per rifornirsi dei loro materiali ma non cambia i loro metodi.
Le imprese continuano ad avere bisogno di esaminare il mercato per assicurarsi di ottenere i migliori prodotti e i migliori servizi. Come sempre, devono analizzare i loro mercati, valutare la loro spesa e la loro domanda interne, determinare i loro bisogni commerciali e negoziare nuovi accordi con i nuovi fornitori.
Essenzialmente, le operazioni di acquisto di una società comprendono le seguenti di aree (vedi figura 1):

  • Strategia di approvvigionamento
  • Organizzazione dell’approvvigionamento
  • Sourcing strategico
  • Gestione e sviluppo dei fornitori
  • Acquisti giorno per giorno
  • Gestione delle informazioni
  • Gestione delle prestazioni
  • Gestione del personale

L’E-procurement rafforza la filosofia del “make-or-buy”, riducendo il peso della geografia nella scelta del fornitore.
Fornisce, inoltre, una più ampia visibilità ad una maggiore varietà di fornitori e opzioni in termini di costi, caratteristiche e disponibilità. Infine, l’e-procurement, accelerando i processi, permette tempi di risposta più brevi.

Figura 1: Una soluzione di acquisto da parte delle aziende

grafo09

Fonte: Ricerca ATKERNEY, 2001

2.4. Le diverse soluzioni di E-procurement

Esistono diverse soluzioni di E-procurement adottate dalle aziende, quelle più usate sono eSourcing e eRequisitioning.
Per eSourcing si intende l’insieme dei criteri e processi di scelta dei mercati di fornitura (la cosiddetta market intelligence), delle leve di acquisto da applicare e dei criteri di selezione dei fornitori, fino a giungere alla negoziazione con gli stessi, anche attraverso il meccanismo dell’asta online.
Con il termine eRequisitioning si fa riferimento invece al processo, che si basa generalmente sull’utilizzo di cataloghi elettronici, che va dall’emissione delle richieste di acquisto e dei relativi ordini fino al pagamento, includendo l’autorizzazione della spesa e il controllo avanzamento.

Figura 2: Criteri di selezione delle soluzioni di E-procurement

 grafo10

Fonte: Accenture European e Procurement Survey, 2001

Entrambi i processi fanno parte dell’E-procurement ma il loro impatto, sia in termini di costo sia di difficoltà d’implementazione è notevolmente diverso (vedi figura x): mentre le soluzioni eRequisitioning sono molto complesse da implementare in quanto coinvolgono diversi processi, anche contabili, già informatizzati, le soluzioni eSourcing richiedono minori integrazioni e informatizzano processi che generalmente sono svolti ancora in forma “manuale”, anche nelle aziende più grandi.

2.4.1. eSourcing

Da una analisi effettuata, si riscontra che anche se le soluzioni di eSourcing sono ancora in una fase iniziale, le aziende hanno manifestato grande soddisfazione per i risultati raggiunti.
Nonostante gli investimenti effettuati in eSourcing siano ancora molto lontani dal loro target (solo 1-2% della spesa contro il 30% previsto), i risultati in termini di risparmio sono decisamente incoraggianti, fino al 30% della spesa (a seconda del tipo di asta), con una consistente riduzione dei tempi di approvvigionamento e un incremento della produttività dei buyer.
La lista dei prodotti acquistati tramite soluzioni di eSourcing è ampia, lo studio afferma che, in generale, l’eSourcing sembra adattarsi bene a prodotti non complessi in mercati non competitivi, mentre sono esclusi, almeno in via teorica, i prodotti complessi e altamente customizzati, cosi come quelli di valore molto basso e quelli forniti in regime di monopolio. Per quanto riguarda la tipologia di fornitori, la ricerca ne ha identificati quattro:

  • Gli “specialisti”, ovvero service provider “orizzontali” che forniscono soluzioni di Sourcing e di Auction per diverse tipologie di prodotto; questo tipo di fornitore richiede investimenti modesti e offre una soluzione chiavi in mano, nella generalità dei casi facilmente utilizzabile.
  • I marketplace indipendenti sono mercati verticali specializzati in particolari categorie di prodotto: il loro punto di forza risiede nella presenza di fornitori specialistici con esperienza nelle eAuction.
  • I marketplace strutturati come consorzi verticali, utilizzati da un terzo degli intervistati, sono generalmente impiegati dalle aziende fondatrici per attirare nuovi utenti e generare liquidità.
  • Le soluzioni interne consistono nell’acquisto di licenze per le aste online e nel loro utilizzo in proprio: si tratta di una soluzione adatta ad aziende con notevole esperienza nelle aste ed elevata capacità di pianificazione del volume degli acquisti.

Dal loro punto di vista questi fornitori hanno accesso a nuove opportunità di business, beneficiano di una migliore conoscenza dei propri concorrenti, e possono rispondere più facilmente alle richieste di offerta; dall’altro canto essi esprimono anche preoccupazione per gli effetti negativi di una decisione d’acquisto che, nel meccanismo delle aste, si basa esclusivamente sul prezzo.

2.4.2. eRequisitioning

Decisamente diversa appare la situazione dell’eRequisitioning. Innanzi tutto le aziende ancora sono in una fase pilota, avendo adottato la soluzione solo nel 2001. In secondo luogo, gli importanti investimenti necessari per la creazione dei cataloghi e l’integrazione tra i sistemi rendono questa soluzione profittevole solo per le aziende di grandi dimensioni, con diversi stabilimenti produttivi e investimenti massicci nei processi di acquisizione.
Dallo studio emergono per tutte le aziende intervistate difficoltà d’implementazione maggiori del previsto: ciò ha causato notevoli ritardi soprattutto il superamento anche del 20-40% del budget di spesa.
Le maggiori difficoltà incontrate nel processo di implementazioni sono dovute (vedi fig.3):

  • Integrazione con sistemi esistenti
  • Accettazione da parte dell’utente finale
  • Creazione e aggiornamento catalogo elettronico
  • Accettazione della soluzione da parte dei fornitori.

Figura 3: Ostacoli all’introduzione dell’eRequisitioning

 grafo11

Fonte: Accenture European e Procurement Survey, 2001

La consapevolezza delle difficoltà di implementazione dell’eRequisitioning, sia in termini tecnici sia in termini di accettazione da parte di utenti e fornitori, appare evidente anche nella cauta definizione degli obiettivi di riduzione dei costi che vanno dal 3-5% fino al 10-15% a seconda delle aziende (vedi figura 4).
Il tasso di penetrazione della soluzione è risultato essere piuttosto baso, sia per il volume di acquisti (20%) sia per gli utilizzatori (10%). Come se non bastasse, le soluzioni eRequisitioning hanno dimostrato di adattarsi con successo solo a prodotti facilmente “catalogabili” e che non incidono direttamente sul valore del prodotto, come le forniture e i mobili per ufficio, gli indumenti del lavoro, gli utensili, i prodotti hardware software: questi acquisti pesano molto sul numero di transazioni ma rappresentano solo una piccola porzione (attorno al 10-30%) della spesa complessiva per gli acquisti.

Figura 4: Analisi dei costi dell’eRequisition (% dei costi totali)

 grafo12

Fonte: Accenture European eProcurement Survey, 2001

Un ulteriore dato negativo è l’esclusione a priori dell’implementazione della funzione di pagamento, la quale, sebbene importante, è ritenuta troppo difficile da integrare con i sistemi Erp dell’azienda.

2.5. Le metodologie di gestione del catalogo nei sistemi di E-procurement

L’efficacia di un sistema di E-procurement dipende in larga parte dalla gestione del catalogo dei prodotti. Sono diverse, tuttavia, le metodologie d’implementazione possibili.
Tipicamente un sistema di e-procurement ospita prodotti provenienti da una rosa di cataloghi di più fornitori. Tale metodologia, che, di fatto, mette in concorrenza i singoli fornitori presenti nel sistema, consente di ottenere sostanziali abbattimenti dei costi di acquisizione dei prodotti presentati. È tuttavia importante pianificare una corretta gestione del proprio catalogo.
L’amministrazione del catalogo di un sistema di e-procurement, infatti, può basarsi su differenti metodi, più o meno complessi e sofisticati, ognuno dei quali risponde ad esigenze specifiche ed è caratterizzato da una serie di vantaggi e svantaggi particolari.
Non esiste una modalità di gestione implicitamente migliore o peggiore delle altre, facendo fronte ognuna di esse ad un’esigenza particolare.
Gestione interna del catalogo – tale approccio, basato sulla gestione interna del catalogo, prevede che sia la struttura dell’azienda ad occuparsi della gestione dei contenuti, archiviati e conservati all’interno del suo sistema informativo. Sviluppatosi prima dell’avvento del Web e dei sistemi aperti, il sistema basato sul concetto del “Custom Catalogue” – un tempo l’unico possibile per la gestione di un sistema di procurement – è tuttora utilizzato nella gestione dei servizi interni (es. catering o gestione delle risorse), quando il fornitore può operare direttamente sul catalogo da alimentare.
Connessione diretta al catalogo del fornitore – un’altra modalità di gestione dei contenuti del catalogo caratterizzata da un basso livello d’integrazione è quella che prevede un collegamento diretto tra il catalogo del fornitore ed il sistema di E-procurement.
Tale modello, però, costringe l’azienda a mettere in contatto diretto i suoi utenti interni con i fornitori, non integrandosi inoltre con il sistema di back office aziendale.
In tal caso il plus fornito dal sistema di E-procurement si limita ad una facility nell’identificazione dei prodotti, senza reale valore aggiunto in termini d’integrazione o risparmi dovuti ad economie di scala.
Cooperative OBI – il Cooperative Open Buying over the Internet consente agli utenti di effettuare la selezione degli articoli da acquistare utilizzando un normale carting system (un sistema basato sul concetto di “carrello virtuale”, simile a quello usato dalla maggior parte dei negozi virtuali).
La selezione, però, non arriva all’esecuzione effettiva dell’ordine, che deve prima passare per l’approvazione dell’ufficio acquisti.
Tale sistema è particolarmente adatto per prodotti che presentino una vasta rosa di configurazioni possibili (come i computer), richiedendo quindi un sistema di gestione sviluppato ad-hoc che, come tale, debba essere gestito direttamente dal fornitore.
Aggregazione di contenuti – i sistemi basati sull’aggregazione dei contenuti consentono di acquisire direttamente dai diversi fornitori i dati relativi ai prodotti presenti nel catalogo, aggregandoli in un layout comune.
Tale sistema, caratterizzato da un alto livello d’integrazione, consente di creare – al più alto livello d’implementazione – sistemi in grado di effettuare benchmark dinamici sull’offerta dei diversi fornitori, fornendo agli utenti un vero e proprio DSS (Decision Support System) in grado di assisterli nella fase di scelta della soluzione più idonea alle esigenze specifiche.
Contingency Plan – il sistema definito Contingency Plan si propone di fare fronte a tutti quegli acquisti “fuori catalogo” che, nell’ambito dell’azienda, arrivano a ricoprire circa il 15% dei costi complessivi relativi agli approvvigionamenti.
Questo approccio si propone di risolvere il problema degli acquisti occasionali, dai regali natalizi per i dipendenti alle cartelle necessarie per una presentazione.
Il sistema si basa sulla possibilità di indicare una categoria merceologica e quindi compilare una richiesta che descriva le proprie esigenze specifiche. Tale richiesta è inviata automaticamente ai fornitori presenti nella lista relativa alla categoria merceologica selezionata, che possono rispondere inviando informazioni circa il loro prodotto.
Compilazione proattiva – il sistema basato sulla compilazione proattiva rappresenta la metodologia di approccio alla gestione del catalogo con il più alto livello di complessità.
Tale metodologia, infatti, prevede che non solo i prodotti siano aggregati in un layout comune, ma che siano identificati direttamente all’interno dei sistemi informativi dei fornitori da un agente automatico.
Agente che, identificato il prodotto, lo inserisce nella giusta categoria. Sostanzialmente, la differenza tra il sistema basato sulla compilazione proattiva e quello basato sull’aggregazione di contenuti è – facendo riferimento ai sistemi di ricerca su internet – la stessa che passa tra un sistema come Yahoo, nel quale i dati sono inseriti con un intervento umano, ed un sistema come Northernlight, che provvede all’indicizzazione ed alla categorizzazione su base tassonomica.
Outsourcing del catalogo – le realtà di dimensioni minori, quelle che trovano convenienza nella realizzazione di un sistema di e-procurement, possono fare riferimento a delle strutture esterne, che gestiscano il sistema operando – magari – per più aziende.
In tal caso il catalogo è gestito da un operatore esterno, che si configura come un vero e proprio outsourcer dell’e-procurement. Il margine tra un sistema di e-procurement ed una digital marketplace di tipo sell-side tende ad affievolirsi, divenendo virtualmente indistinguibile.

2.6. I vantaggi e gli svantaggi

Le imprese che adottano soluzioni di procurement otterrebbero i seguenti vantaggi:

  • Riduzione dei costi riguardanti il processo tradizionale di approvvigionamento (fatture, autorizzazioni cartacee, fax, telefonate conferma, etc.)
  • Riduzione del tempo necessario per completare l’intera operazione (time to market)
  • Maggiore integrazione con gli altri processi aziendali
  • Riduzione e gestione strategica dei fornitori chiave
  • Aumento dell’efficacia dei processi e riduzione della numerosità dello staff acquisti.

A questi vantaggi se n’aggiungono altri collaterali, come la diminuzione del cosiddetto “effetto maverick” (acquisti fuori controllo), ossia il fenomeno per il quale gli impiegati tendono a bypassare la procedura di acquisto tradizionale, effettuando alcuni approvvigionamenti in prima persona, e compilando poi le relative note spese.
La diminuzione dell’effetto “maverik” avviene in funzione del fatto che, implementando un sistema di eprocurement, l’azienda offre al suo dipendente un sistema semplice per identificare i prodotti dei quali ha bisogno, facendo convergere verso una rosa di offerte a catalogo e la possibilità di effettuare richieste “fuori catalogo”. Tali richieste possono essere gestite in automatico dal sistema informativo che interpella i fornitori delle relative categorie merceologiche richiedendo preventivi e informazioni sulle soluzioni proposte. In tal modo l’utente non è costretto alla ricerca dei prodotti dei quali ha bisogno, ma sono questi ad essere resi disponibili dall’utente.
Secondo studi eseguiti negli USA i costi amministrativi per ogni ordine di acquisto emesso variano da circa €100 a €250 (fonte Gartner Group, 2001), mentre il costo tramite un sistema efficace di eprocurement a regime scenderebbe a circa €30, equivalente ad una riduzione anche di circa l’85%.
Tali costi sono imputabili al personale, uffici, costi telefonici, inefficienze nel sistema degli ordini/magazzino, costi di non conformità, costi di management delle forniture, e altro.
I sistemi di eprocurement permettono miglioramenti di prestazioni aziendali anche sul fronte dei supply cycle time (tempi di attraversamento del ciclo di procurement) e dei costi di magazzino (conseguentemente): secondo studi condotti da Aberdeen Group su un gruppo di grandi aziende che hanno implementato l’E-procurement, da una media di 7,3 giorni richiesta dal ciclo tradizionale/manuale di procurement, si è passati a circa 2 giorni; i costi di magazzino hanno avuto una riduzione compresa tra il 25 ed il 50%.
Infine, l’utilizzo dei sistemi di eprocurement permette forti risparmi sul fronte degli acquisti (anche 5-10%, fonte Aberdeen Group) grazie ad una maggiore efficienza sul controllo delle attività e dei prezzi di acquisto: l’E-P permette una più efficiente centralizzazione della gestione ed una più accurata selezione dei fornitori privilegiati/strategici e, quindi, un rafforzamento della posizione contrattuale con essi.
Sul fronte opposto, aumentano, però, i costi di natura informatica (generalmente classificabili in hardware, licenze software, consulenza, personale IT, connessioni, housing/hosting), quelli relativi alla ristrutturazione dei processi aziendali di approvvigionamento/organizzativi, ed i costi relativi alla formazione ed all’assistenza ai fornitori nel processo di adeguamento innovativo.
La più grande difficoltà dell’implementazione di un sistema di procurement sembra essere connessa alle possibilità di acquisto di beni e servizi complessi.
Infatti l’acquisto di materie prime o servizi standardizzati è sicuramente effettuabile su rete, appare più difficile una vera rivoluzione nell’approvvigionamento su rete di prodotti o servizi non standardizzati.
In questo caso, infatti, il prezzo d’acquisto non gioca un ruolo predominante, ma si va alla ricerca di un insieme ampio di caratteristiche prestazionali e qualitative del prodotto/servizio.

3°: Marketplace

3.1. Definizione

Un Marketplace può essere descritto come la versione virtuale di un grande mercato all’ingrosso. Un mercato chiuso al pubblico, naturalmente, dove chi vende espone i propri prodotti, mentre chi compra sceglie ciò che è più idoneo a soddisfare il cliente finale.
Un Marketplace business-to-business (B2B) è un mercato on-line dove le aziende comprano e vendono beni e servizi; non opera come una trading company (non acquista e non vende), ma si limita ad assicurare l’affidabilità degli scambi e ad erogare servizi a Clienti e Fornitori.
E’ una nuova forma produttiva che crea valore attraverso l’ottimizzazione della supply chain, ovvero la riduzione dei costi di produzione e coordinamento ed il conseguente incremento del margine di profitto.
Il Marketplace B2B, attraverso l’aggregazione di molteplici aziende clienti e fornitrici e l’offerta di servizi a valore aggiunto, consente di ridurre efficacemente i costi di coordinamento, generando maggior competitività per le aziende che vi partecipano.
Esistono due tipologie di Marketplace (vedi fig.1):

  • Mercati orizzontali

I mercati orizzontali coprono tendenzialmente più settori industriali e sono focalizzati su una o più tipologie di beni / servizi: forniture per ufficio, spazi pubblicitari, MRO, servizi logistici, eccedenze di magazzino ecc. Si tratta di beni e servizi che, di norma, non entrano nel ciclo di trasformazione diretto, tuttavia possono rappresentare voci di spesa rilevanti all’interno di una azienda (cosiddetti materiali indiretti).

Figura 1: Marketplace Orizzontali e verticali

grafo13
Fonte: www.i.faber.it

  • Mercati verticali

I mercati verticali si focalizzano su uno specifico settore industriale o su una parte della catena del valore di un settore. Beni e servizi scambiati sul mercato entrano nel ciclo di trasformazione del prodotto (cosiddetti materiali diretti). Conseguentemente in un mercato verticale ci possono essere una grande quantità di attori che presidiano varie fasi della filiera, e che hanno differenti livelli di interazione. Nello sviluppo di un mercato verticale è determinante il know-how specifico di settore al fine di indentificare:

  • modalità di interazione tra compratori e venditori;
  • segmentazione delle categorie di acquistato;
  • inefficienze tipiche del settore che il mercato stesso può risolvere (ad esempio elevati livelli di magazzino);
  • servizi di particolare interesse per il settore (ad esempio logistica specializzata).

Queste soluzioni portano benefici:

  • Al venditore, cui il Marketplace offre la possibilità di ampliare il parco di potenziali clienti d’azienda e di vendere partite di magazzino in eccesso o di realizzare campagne di marketing in modo mirato.
  • Al compratore cui l’utilizzo del Marketplace, secondo stime di Aberdeen Group, consente una riduzione:
    – Tra il 5 e il 10% dei costi dei beni di servizio;
    – Del 70% dei costi interni necessari alla gestione degli acquisti;
    – Tra il 50 e 70% dei costi di approvvigionamento.

3.2. Lo sviluppo dei Marketplace

Grazie al crescente sviluppo delle tecnologie legate ad Internet il Marketplace è oggi accessibile a tutte le aziende: scegliendo di comperare o di vendere in un Marketplace abbatteranno sensibilmente i loro costi abituali, e assisteranno ad un rapido aumento dell’efficienza dei processi di acquisto e vendita.
Comportandosi come “terza parte”, il Marketplace diventa il facilitatore del processo di incontro.
Un amministratore equo e imparziale, che mantiene una posizione neutrale in ogni negoziazione, che garantisce condizioni di massima sicurezza negli scambi, testimoniando l’identità di tutti i partecipanti.
Operando in un Marketplace, le aziende potranno vendere ed acquistare i prodotti in un mercato praticamente illimitato, in condizioni sicure e garantite e senza perdere tempo a caccia di preventivi e risposte.
Scegliendo di entrare in un Marketplace le aziende cambieranno il modo di fare business, tagliando i loro costi abituali e dando nuovo impulso ai loro affari, con risultati tangibili immediati.
Un esempio è la General Motors che affidando al Business to Business online il reperimento del materiale per la sua Divisione Illuminazione, ha ridotto i tempi di richiesta preventivi di 7 volte, ha diminuito del 30% il costo del lavoro e del 20% quelli del materiale.
Analogo destino per le piccole e medie aziende statunitensi che dopo 2 anni di utilizzo dei Marketplace hanno sensibilmente migliorato le prestazioni dei loro uffici acquisti.
In particolare si stima che i costi e i tempi di gestione del processo di acquisto siano stati ridotti del 50% e che la spesa sui prodotti indiretti sia sceso in alcuni casi fino al 25% (vedi figura 2).

Figura 2: Gli acquisti nel Marketplace nel 2000 e nel 2002

 grafo14

Fonte: Forrester Research Inc, 2001

L’utilizzo di queste tecnologie è riuscito ad alleggerire, velocizzare e controllare i processi aziendali legati agli acquisti introducendo nelle piccole e medie aziende degli strumenti flessibili e capaci di fornire in tempo reale valutazioni ed informazioni sui clienti ed i fornitori utilizzando il marketplace. Ma anche l’Italia sta rispondendo bene al richiamo del Business to Business in Rete.

3.3. La struttura di un Marketplace

L’amministrazione del marketplace, ruolo fondamentale giocato dal market maker¹, si sostanzia nella definizione delle modalità, delle regole e delle fees² collegate alle transazioni che avvengono sul mercato.
In particolare l’amministrazione del marketplace presuppone una serie di attività:

  • definizione degli utenti
  • gestione delle autorizzazioni (gruppi di accesso, profili, ecc.)
  • gestione dei contratti e delle relazioni
  • notifica eventi
  • gestione delle fatturazioni

E’ possibile condurre delle negoziazioni essenzialmente attraverso due differenti modalità chiamate fixed pricing³ o dynamic pricing4 a seconda del fatto che il prezzo della negoziazione sia predeterminato o meno.
Ad ogni modalità di transazione possono essere associate diverse tipologie di fees (fisse, variabili, a scaglioni) e diverse regole di comportamento / autorizzazione dei partecipanti al mercato.

3.3.1. Fixed pricing (acquisti a catalogo/ RFP)

La modalità più semplice per condurre una negoziazione è l’acquisto a catalogo, tradizionale strumento di vendita di prodotti con specifiche relativamente non complesse.
Gli acquisti a catalogo si basano sulla logica del prezzo fisso/predeterminato, anche se ciò non esclude che il prezzo stesso possa essere fissato in un’ottica one-to-one con il singolo acquirente, definendo opportune diversificazioni di prezzo e scontistiche.
Il catalogo non funge esclusivamente da vetrina digitale trasponendo il contenuto cartaceo, ma è fornito di motori di ricerca in grado di selezionare immediatamente i prodotti richiesti, riducendo così i costi di ricerca e abbreviandone i tempi. Generalmente sono disponibili sistemi di “carrello elettronico” con il quale scegliere diversi prodotti, visualizzarne i dettagli e selezionarne la quantità, al fine di inoltrare un unico ordine (processo di one-stop-shopping), successivamente indirizzato ai differenti fornitori.
In questo tipo di negoziazione i vantaggi per i compratori sono:

  • riduzione dei costi del processo di acquisto e di inventario;
  • potenziale espansione della base fornitori;
  • facilità di confronto dei prodotti alternativi e trasparenza informativa.

Mentre i vantaggi per i venditori sono:

  • diminuzione dei costi di vendita;
  • adozione di nuovi canali di vendita;
  • miglioramento della customer satisfaction.

Il catalogo può essere gestito in maniera centralizzata dal market maker, con ovvi benefici di gestione all’interno del Marketplace, oppure può risiedere su postazioni remote dalle quali si fa l’upload6 ad ogni variazione del catalogo stesso. Ogni fornitore ha la possibilità di modificare agevolmente la propria offerta, variando prezzi e contenuti del catalogo con frequenza anche giornaliera.
Esiste la possibilità di rendere accessibili sul Markeplace cataloghi che risiedono su altri Markeplace attraverso uno standard di comunicazione.
Una seconda tipologia di transazioni che rientrano nel fixed pricing sono le richieste di offerte/quotazione (RFP / RFQ), basate su un workflow strutturato e sulla capacità di contattare tutti i fornitori presenti sul mercato.
RFP (Request for Proposal), è un sistema utilizzato per ottenere un’offerta dal fornitore che autonomamente compone cercando di soddisfare le specifiche richieste dal richiedente.
Allo stesso modo una RFQ (Request for quotation) è una richiesta di quotazione rivolta sempre al fornitore stesso, dove a fronte di una descrizione particolareggiata dei prodotti/servizi richiesti, si richiede semplicemente una quotazione economica.

3.3.2. Dynamic pricing

Si tratta di forme di negoziazione più complessa nella quale il prezzo si forma in maniera dinamica.
In questo senso il prezzo non è predeterminato, ma si forma secondo le “forze” del mercato.
Le principali tecniche di dynamic pricing sono riconducibili a: aste (auction), aste inverse (reverse auction), meccanismo di borsa (exchange).
Asta (Auction)
La forma più tradizionale del dynamic pricing è l’asta (auction), nella quale più Buyers¹ sono messi in competizione tra loro e vince il bid² chi fa un’offerta più alta.
Chiaramente è possibile rilanciare fino a che l’oggetto o il servizio in questione non viene definitivamente assegnato. Questa forma generalmente viene usata nei seguenti casi: eccessi di magazzino, beni stagionali, articoli deperibili, articoli usati.
Le aste possono essere organizzate secondo diversi meccanismi di formazione del prezzo, ognuno dei quali identifica una particolare tipologia di asta: inglese, olandese, ecc.
Le diverse tipologie possono prevedere un single-winner o multiple-winner, la gestione soltanto dell’attributo prezzo/quantità, o anche di una serie di attributi ulteriori come la data di consegna, la qualità, ecc.
Esiste l’opzione di svolgere per esempio aste particolari, ad esempio aste anonime oppure la possibilità di estendere la partecipazione all’asta stessa a fornitori esterni al Marketplace. Operativamente è possibile all’interno del Marketplace customizzare tutta una serie di parametri che regolano questa fase di negoziazione, riassumibili in:

  • tempistica
  • regole di bidding
  • regole di clearing
  • autorizzazioni
  • confidenzialità
  • flusso di mercato
  • regole di business.

In questo tipo di asta i vantaggi per i compratori riguardano:

  1. la ricerca di prodotti e servizi unici
  2. prezzi scontati.

Mentre i vantaggi per i venditori:

  1. possibilità di attrarre più compratori e quindi di alzare il prezzo;
    eliminazione di costi di intermediazione;
  2. incremento del turnover del magazzino.

Asta inversa (Reverse Auction)
Una forma duale di asta è la cosiddetta asta inversa (reverse auction) dove vengono messi in competizione più sellers³ tra loro e vince il bid chi fa l’offerta più conveniente. Quindi in questo caso il prezzo si forma dinamicamente al ribasso. In questo caso i vantaggi per i compratori e per i venditori sono gli stessi visti prima.
Meccanismo di borsa (Exchange)
Un altro meccanismo molto diffuso è il meccanismo della “Borsa” (Exchange) dove molti buyer e molti seller fanno un’offerta simultanea e quindi si cerca il ” matching4″ delle due offerte attraverso il tipico meccanismo di incrocio bid-ask. Questa tipologia di negoziazione si presta molto bene per generi considerati standardizzati (commodities) dove c’è una certa liquidità e un grande volume di transazioni.
I vantaggi per il compratore sono riconducibili alla velocità di acquisto rispetto a canali tradizionali, mentre i vantaggi per il venditore sono determinati dalla possibilità di smaltire eccessi di magazzino e di capacità produttiva.

3.4. Vantaggi per i Clienti

Le aziende che utilizzano i Marketplace come clienti hanno molti vantaggi che non riguardano esclusivamente la riduzione dei costi, ma anche un aumento della qualità delle forniture. Vediamo nei quali sono questi vantaggi:
1. Riduzione dei costi di acquisto.
I Fornitori presenti nel Marketplace offrono condizioni altamente competitive consentite dalla combinazione dei seguenti fattori:

  • la pre-negoziazione effettuata dal Marketplace per ogni categoria merceologica;
  • la trasparenza dei prezzi e l’intensità competitiva del Marketplace;
  • l’accorpamento dei volumi di acquisto;
    la pre-negoziazione di condizioni personalizzate per ogni singola azienda o gruppi di aziende per acquisti effettuati con regolarità;
  • risparmi di processo e il miglioramento della catena del valore;
  • il bundling/unbundling10 dei materiali e dei servizi;

2. Riduzione dei costi di gestione degli approvvigionamenti.
Il Marketplace permette una notevole riduzione dei costi di approvvigionamento attraverso:

  • l’accesso immediato a tutte le informazioni necessarie per il completamento dell’acquisto
  • la riduzione dei tempi del ciclo d’acquisto, delle risorse dedicate e degli errori amministrativi
  • la diminuzione dei costi di gestione dei magazzini, grazie ad una più agevole collaborazione con i fornitori

3. Miglioramento della qualità delle forniture
L’automazione del processo d’acquisto migliora l’esattezza degli ordini e determina una diminuzione del lead time per la consegna conforme delle merci. L’utilizzo dello strumento on-line consente inoltre, di delineare le esigenze del cliente con un incremento di livello di servizio da parte del fornitore.
4. Aumento della produttività aziendale interna.
La semplificazione burocratica e l’eventuale outsourcing delle attività di acquisto operative permettono allo staff dell’azienda cliente di concentrarsi sulle attività a valore aggiunto e determinano quindi un significativo incremento della produttività interna.
5. Riduzione degli oneri finanziari
Anche dal punto di vista finanziario,il Marketplace offre vantaggi immediati ai clienti, a supporto di una gestione efficiente delle attività e delle problematiche connesse ai processi di acquisto.
Primi fra tutti, i servizi di accesso al credito, attraverso strumenti finanziari quali:

  • Pagamento elettronico
  • Credito on-line
  • Purchasing Card
  • Factoring.

3.5. Vantaggi per i fornitori

All’interno dei Marketplace si possono riscontrare vantaggi anche per i fornitori di materie o servizi e in particolare questi vantaggi riguardano:

1. Aumento dei volumi di vendita.
Il Marketplace consente ai fornitori nuove opportunità di business attraverso:

  • il coinvolgimento nel Marketplace di un alto numero di clienti
  • l’accesso dei clienti a tutti i cataloghi pubblicati nel Marketplace, salvo che il fornitore decida altrimenti
  • la possibilita di rispondere alle RFP/FRQ inviate dai clienti

I volumi medi per singola vendita aumentano perché il Marketplace garantisce la razionalizzazione dei processi e dell’organizzazione d’acquisto dei clienti; la pre-negoziazione degli accordi quadro per acquisti effettuati con regolarità da grandi e medi gruppi industriali e commerciali.

2. Riduzione dei costi di gestione delle vendite.
Vendendo i propri prodotti attraverso il Marketplace i fornitori ottengono una riduzione rilevante dei costi del processo di vendita perché:

  • riducono i costi di intermediazione
  • riducono i costi di pubblicazione e gestione dei cataloghi
  • riducono il margine di errore, grazie all’automazione del processo ed, eventualmente, all’integrazione con i sistemi di back office
  • riducono i costi di gestione del magazzino (grazie ad una più accurata gestione degli ordini)

Inoltre, operando tramite il Marketplace i fornitori ottengono una riduzione generalizzata dei costi di delivery e riconciliazione, grazie ai servizi di logistica Integrata e di tracking delle consegne.

3. Miglioramento del livello del servizio al Cliente.
Operando attraverso il Marketplace, i fornitori incontrano le esigenze dei clienti di automazione del processo di compravendita e migliorano sensibilmente il proprio livello di servizio.
In particolare:

  • riducono il lead time per la consegna dei prodotti/erogazione dei servizi
  • mantengono costantemente aggiornati i cataloghi e le informazioni di prodotto
  • possono personalizzare i cataloghi e le condizioni di fornitura secondo le necessità di ogni cliente.

4. Regolarità dei pagamenti ed incremento del cash flow.
I fornitori ottengono un beneficio molto significativo in termini di regolarità dei pagamenti e dunque di miglioramento del proprio cash flow perché:

  • il Marketplace controlla il rispetto delle condizioni di pagamento pattuite dai clienti
  • la conclusione di accordi quadro per acquisti regolari garantisce la sicurezza dei pagamenti e ne stimola la puntualità

5. Riduzione degli oneri finanziari.
Tra i servizi a valore aggiunto, il Marketplace offre strumenti di supporto per la gestione delle attività connesse ai processi di acquisto. Primi fra tutti, i servizi di accesso al credito, quali Credito on-line, Purchasing Card, Factoring e Pagamento elettronico.

4°: L'outsourcing

4.1. Definizione

L’outsourcing¹ è uno degli strumenti manageriali, di carattere tattico e strategico, che hanno conosciuto la maggiore espansione nel corso dell’ultimo decennio e che, secondo autorevoli e diffuse proiezioni, continuerà a proporsi nei suoi diversi ambiti e nelle sue varie applicazioni come una via obbligata per la sopravvivenza sul mercato delle imprese, senza distinzione di industria, dimensione o missione aziendale.
Liberarsi di alcune funzioni per puntare sulle attività in cui l’azienda si sente più forte: è questo in sostanza il motivo principale, affiancato a quello della riduzione dei costi, che spinge un numero sempre maggiore di imprese a ricorrere all’outsourcing.
Delegare a fornitori esterni la gestione di attività considerate non strategiche per le imprese costituisce l’unica via concretamente praticabile per raggiungere l’obiettivo di concentrarsi sul core business, obiettivo che oggi è imposto dai mercati.
Si potrebbe fornire una serie di definizioni di outsourcing, di varia provenienza e di volta in volta orientate a metterne in risalto particolari aspetti; tuttavia il concetto generale può essere espresso in forma estremamente sintetica, descrivendo l’outsourcing come quel processo che porta alla “acquisizione da un fornitore esterno di prodotti o servizi attualmente risultanti dalla diretta attività produttiva e di gestione interna dell’azienda” (DE ROSE L. J. , 2000).
Affinché l’outsourcing si sviluppi come tecnica di gestione aziendale è necessario che siano soddisfatte, fra l’altro, due condizioni: la prima ha carattere oggettivo e consiste nella presenza sul mercato di operatori sufficientemente professionali e specializzati, che garantiscano un efficiente espletamento della funzione da esternalizzare; la seconda ha invece natura più soggettiva e riguarda il superamento da parte del management societario di varie remore psicologiche, in particolare il timore di un “autoridimensionamento” professionale.
L’introduzione dell’outsourcing all’interno di un’azienda è operazione non facile, che incontra resistenze di ogni genere a tutti i livelli della struttura gerarchica aziendale oltre che sindacale.
Solamente a livello di top management si è ormai diffusa la consapevolezza del fatto che un’impresa agile e snella, la quale abbia il meno possibile di struttura fissa ed acquisti all’esterno i servizi “generali²” sia il modello vincente nei mercati attuali e che solo delegando tutte le funzioni ausiliarie a fornitori specializzati diviene possibile concentrarsi sulle attività per le quali si possiede un’effettiva competenza ed un vantaggio competitivo.

4.2. Le figure dell’Outsourcing

Le figure implicate nell’outsourcing sono essenzialmente tre: oltre all’impresa che esternalizza la propria attività, ritroviamo il provider (o vendor o outsourcer) e le imprese alle quali il provider si rivolge. La figura centrale è senz’altro il provider, cioè quell’impresa che si impegna a fornire i beni ed i servizi richiesti, nei tempi desiderati all’impresa che ha esternalizzato l’attività.
Generalmente il provider ha a disposizione un paniere di imprese alle quali fare riferimento per ottenere i beni ed i servizi da fornire; potendo contare su una grossa quantità di richieste provenienti da clienti diversi, il vendor può generare risparmi di scala, potendo offrire quindi prodotti e servizio di ottima qualità a prezzi vantaggiosi.
Inoltre, nei tipi di outsourcing più estesi, il provider opera a stretto contatto con i suoi clienti al fine di definire al meglio strategie ed obiettivi, individuando i problemi e ricercandone le soluzioni migliori, preoccupandosi di introdurre i cambiamenti in modo graduale e non troppo repentino, onde evitare alcuni iniziali comprensibili squilibri.
Nell’implementazione dei processi outsourcing, infatti, si procede per gradi tanto che alcuni outsourcer, in un primo tempo, inviano del personale nell’impresa cliente per collaborare nella determinazione delle strategie di BPR, oppure semplicemente per aiutare a formare il personale nell’ambito dell’outsourcing e sviluppare un team di lavoro che costituisca l’interfaccia di riferimento nelle relazioni che si instaurano nei confronti del provider.
Proprio per quanto appena detto, l’applicazione di questo strumento manageriale, presuppone di riuscire a trovare vendor adatti alle esigenze dell’impresa: affidandosi ad operatori qualificati, non solo si delegano attività e funzioni, ma si acquisiscono competenze e specificità di settore, altrimenti non alla portata.
Si tratta di una condizione oggettiva, oggi facilmente superabile dal fiorire di un ampio mercato di provider.
Il maggior ostacolo all’implementazione dell’outsourcing, rimane tuttavia la diffidenza derivante dal dover abbandonare il controllo di una parte delle attività aziendali. Si tratta di una remora psicologica di carattere soggettivo piuttosto comprensibile: perché rinunciare al controllo di un’attività fino ad oggi svolta nell’azienda? In realtà, il controllo non lo si perde comunque: innanzitutto perché nelle forme per così dire “base” di outsourcing, il controllo sulle attività delegate può rimanere al cliente del vendor; in secondo luogo perché terziarizzare un’attività non significa affatto acquistare un servizio o un prodotto a scatola chiusa: vi sono, infatti, accordi ben precisi che legano le imprese e i outsourcer; infine perché i vantaggi ottenibili sono ampiamente premianti.
L’introduzione dell’outsourcing in un’impresa non è comunque un’operazione facile.
E’ possibile per un impresa non riuscire ad ottenere risultati apprezzabili se l’adozione di questo strumento non avviene con criteri corretti.
Terziarizzare un’attività aziendale, per quanto essa possa essere marginale rispetto al core business, comporta il dover ridisegnare strutture organizzative interne, e ciò significa dover seguire alcune tappe:

  • in una fase preventiva, si tratta di studiare e di capire molto bene le necessità ed i reali problemi che un’impresa intende superare con l’outsourcing;
  • ci si deve muovere su un piano di carattere strategico più che tattico;
  • si deve vincere la resistenza interna al cambiamento che può essere presente a più livelli.

L’outsourcing non è la soluzione di alcun problema se applicato su basi sbagliate o imprecise: le esperienze più deludenti rispetto alle aspettative sui risultati ottenuti attraverso l’outsourcing derivano, a monte, da una superficiale o errata interpretazione dei problemi da risolvere; lo screening delle attività e delle strutture da esternalizzare e le valutazioni sulle conseguenze dell’assetto organizzativo dell’impresa, devono essere ben definite.
In secondo luogo, si dovrà tenere ben presente il tipo di obiettivi che l’impresa vuole raggiungere nel tempo.
Se l’outsourcing diventa lo strumento per ottenere risultati a breve termine o per risolvere emergenze momentanee, senza impostare alcun obiettivo strategico nel lungo periodo, i riscontri potrebbero rivelarsi effimeri e portare come conseguenza la destabilizzazione dell’impresa nel futuro.
In questo senso è tipico l’esempio di un’impresa in difficoltà finanziarie, che può decidere di stringere un accordo per delegare ad un provider la fornitura di un determinato particolare del suo prodotto finale attualmente costruito negli stabilimenti dell’azienda; ciò può comportare la cessione di macchinari ed infrastrutture (cioè ad una mobilizzazione parziali) che consente di flessibilizzare i costi e di risolvere momentaneamente l’emergenza finanziaria.
E’ chiaro però che se i problemi di base che hanno prodotto quella situazione non vengono risolti, lo strumento dell’outsourcing diventa inutile nel lungo periodo e ben presto il problema si ripresenterà.
Al contrario, è importante implementare l’outsourcing in un quadro di sviluppo aziendale poggiato su programmi a lungo termine, che prevedano ad esempio, l’adozione di strutture organizzative più agili, più centrate sulla “mission” dell’impresa.
Il maggior cash-flow conseguente alla dismissione di capitali immobilizzati sarà una conseguenza positiva, ma certamente in questo contesto non sarà ne’ effimera, ne’ unica.
Infine, bisognerà tenere in considerazione la resistenza al cambiamento di alcuni enti aziendali; è del tutto normale che la perdita di un’attività comporti delle perdite di potere decisionale per gli enti interessati e che quindi l’outsourcing non venga inizialmente ben accettato.

4.3. Motivazioni alla base dell’Outsourcing

Una ricerca effettuata da THE OUTSOURCING INSTITUTE (2000) porta ad identificare le otto principali motivazioni che inducono all’outsourcing, le quali possono essere suddivise in due gruppi: le prime quattro di carattere tattico, le successive di carattere prevalentemente strategico.
Tale ultima distinzione non ha puramente scopo descrittivo, essendo appurato che, ogniqualvolta nella decisione di ricorrere all’outsourcing le ragioni tattiche prevalgono su quelle strategiche, le possibilità di ottenere risultati insoddisfacenti aumentano in misura considerevole.

Difficoltà nella gestione o nel controllo di una funzione aziendale
L’outsourcing è sicuramente un’importante opzione per risolvere questa classe di problemi: tuttavia non bisogna considerarlo come una soluzione che porti ad abdicare alla responsabilità manageriale, né come una soluzione “tampone” che occorra per salvare le imprese in difficoltà nel breve periodo.
Secondo i risultati dello studio precedentemente citato, le imprese che si sono servite dello strumento in esame per ottenere il risultato di non perdere il controllo della propria organizzazione, hanno finito nella maggior parte dei casi per rimanere insoddisfatte dei risultati ottenuti.
Il motivo principale di questo fallimento risiede probabilmente nel fatto che, se in un’azienda si riscontrano difficoltà nella gestione o nel controllo di una funzione aziendale, l’approccio corretto a questa situazione dovrebbe consistere nel rintracciarne le cause prima di poter procedere all’implementazione di rimedi di diverso genere.
Se per esempio la ragione delle difficoltà risiede nella circostanza che le pretese, le aspettative o le risorse necessitate non sono state correttamente valutate, il ricorso all’outsourcing prima dell’individuazione di questo genere di errori, non solo non migliorerebbe la situazione, ma anzi probabilmente finirebbe per esacerbarla. Infatti, se un’organizzazione non è in grado di individuare le cause che impediscono il superamento delle difficoltà, essa non sarà neanche capace di comunicarle ad un potenziale provider.

Mancanza di professionalità specifiche all’interno dell’azienda.
In questo caso l’impresa ricorre all’outsourcing perché non possiede al proprio interno le risorse necessarie in termini di capacità professionali specifiche.
Per esempio, se si è in fase di espansione aziendale, e specialmente se questa espansione avviene in nuovi mercati, l’outsourcing costituisce un’alternativa praticabile e conveniente allo sviluppo in proprio, partendo da zero, di competenze specifiche riguardanti i nuovi problemi che la situazione di crescita impone di affrontare.

Riduzione dei costi operativi.
Sicuramente la più importante tra le ragioni di carattere tattico che inducono a ricorrere all’outsourcing è legata alla necessità di ridurre o quantomeno di tenere sotto controllo la crescita dei costi fissi aziendali o, più in generale, dei costi operativi.
Il ricorso all’outsourcing consente infatti, da un lato, di modificare la struttura dei propri costi aziendali, aumentando l’incidenza di quelli variabili e diminuendo l’incidenza di quelli fissi sui costi totali, dall’altro, grazie alle economie di scala e ad altri vantaggi connessi con la specializzazione del provider, permette di ridurre i costi operativi totali.
Di questa riduzione beneficerà naturalmente anche l’impresa-cliente.
Inoltre, imprese che tentano di svolgere tutte le funzioni in proprio, possono incorrere in spese eccessive ed impreviste di ricerca, sviluppo o marketing, spese che dovranno necessariamente essere trasferite sul cliente finale sotto forma di aumenti di prezzo e che dunque possono rendere meno appetibili i prodotti dell’impresa sul mercato.
In definitiva questo genere di considerazioni di carattere tattico sono riscontrabili in quasi tutte le situazioni nelle quali si decide di ricorrere all’outsourcing. I consumatori odierni infatti non accettano i maggiori costi associati ad organizzazioni attente a mantenere un controllo diretto su tutte le proprie risorse.

Situazione di difficoltà finanziaria.
L’outsourcing talvolta comprende il trasferimento di attività dal cliente al provider: impianti, veicoli, licenze ed attrezzature varie usate per l’attività da delegare. Tutte queste attività hanno un valore e vengono di fatto vendute al provider.
Il provider, poi, utilizza queste attrezzature per fornire servizi allo stesso cliente che le ha vendute oppure, frequentemente, anche ad altri clienti.
A seconda del valore delle attività vendute, l’azienda che decide di delegare può ottenere da subito significativi flussi positivi di cassa.
In genere le attività in questione vengono cedute al loro valore di iscrizione in bilancio.
Nel caso in cui il suddetto valore dovesse essere notevolmente superiore rispetto a quello effettivo di mercato, la differenza tra i due valori rappresenta un prestito effettuato dal provider al cliente, prestito il cui rimborso sarà integrato nel prezzo del servizio di outsourcing che verrà successivamente prestato.
Questo complicato sistema può talvolta evitare all’impresa-cliente una situazione di crisi finanziaria, assicurandole maggiori liquidità che sono conseguenti non solo alla normale operazione di outsourcing, ma anche allo smobilizzo di attività e ad una autentica forma di prestito, sebbene occultata dall’apparenza del servizio prestato.
Va aggiunto che sempre più spesso il provider si fa carico di parte dei dipendenti del suo cliente. In alcuni casi si tratta di centinaia di dipendenti. In questo modo imprese di servizi in outsourcing costituiscono alleanze strategiche con i propri clienti, finalizzate alla creazione di valore per tutti i portatori di interesse interni ed esterni all’azienda.
Una componente spesso trascurata di questo tipo di outsourcing è legata poi alla motivazione del personale trasferito.
Quasi sempre, infatti, ciò che per il cliente costituisce un’attività secondaria, diviene per il provider il core business, migliorando notevolmente gli aspetti motivazionali delle persone che vi lavorano.

Necessità di attrarre capitali ed allocazione piu’ efficiente delle risorse.
L’outsourcing riduce la necessità di capitali da investire in funzioni non direttamente legate al core-business, permettendo allo stesso tempo di attrarre più facilmente capitali dal mercato.
Infatti, la circostanza probabilmente più operosa al fine di attrarre capitali dal mercato, consiste in corrette scelte di investimento da parte dell’impresa. Decidere di investire direttamente nelle aree legate ai prodotti o servizi offerti ai clienti, consente in genere di raggiungere una maggiore redditività aziendale.
Inoltre la decisione di ricorrere all’outsourcing può contribuire a migliorare alcuni indici di bilancio, attraverso l’eliminazione della necessità di mostrare il ROI di capitali investiti in ambiti non attinenti al core-business.
In tal modo, le aree soggette ad outsourcing non competono più con le altre funzioni aziendali per quanto riguarda l’allocazione delle risorse. Si evitano così investimenti che spesso risultano difficilmente giustificabili, se comparati a quelli effettuati nelle aree più direttamente correlate al servizio o al prodotto offerti ai clienti.
Ogni organizzazione trova dei limiti nelle risorse disponibili. La sfida costante consiste nel far sì che tali risorse limitate siano allocate nelle aree a maggior valore aggiunto.
L’outsourcing permette all’organizzazione di deviare le sue risorse da attività ausiliarie ad attività per le quali si riscontra un maggiore ritorno in termini di qualità o di servizio al cliente.
Molto spesso le risorse in questione sono risorse in termini di manodopera. Attraverso l’outsourcing di attività ausiliarie, l’organizzazione può trasferire il personale, in tal modo liberato, ad attività a maggior valore aggiunto.
Il personale, le cui energie erano dirette all’interno dell’azienda, viene così reimpiegato per attività mirate all’esterno, ossia al cliente.

Riduzione dei rischi.
Agli investimenti decisi da un’organizzazione sono sempre associati considerevoli rischi. Tramite l’outsourcing un’azienda diviene più flessibile, più dinamica, più capace di cogliere i cambiamenti e le mutevoli opportunità offerte dal mercato.
I mercati, la competizione, le leggi e i regolamenti, le condizioni dei mercati finanziari e le tecnologie: tutto questo oggigiorno cambia in maniera estremamente rapida.
Mantenersi in linea con questi mutamenti e prendere le giuste decisioni di investimento è un compito molto difficile.
L’outsourcing è uno strumento per suddividere i rischi connessi a tali decisioni tra più imprese. Il provider di servizi in outsourcing prende decisioni di investimento non sulla base delle prospettive di mercato di una sola impresa, bensì sulla base della combinazione delle prospettive di mercato di tutte le imprese sue clienti.
In questo modo il rischio, connesso ad errate previsioni di mercato e conseguentemente di carichi di lavoro, può venire attenuato, se non addirittura compensato, da errori di segno opposto da parte di diversi clienti, oppure semplicemente dalla minore incidenza sul volume complessivo di lavoro legato all’attività di un singolo cliente.
Il risultato ottenibile ricorrendo all’outsourcing è che l’azienda riesce ad avvicinarsi a quella che oggi è considerata la struttura aziendale ideale, chiamata di volta in volta con terminologia anglosassone “modular company” o “virtual company” o “agile competitor”.

Maggiore specializzazione e approccio globale ai processi consentito dalla esperienza di carattere internazionale del provider.
Il fornitore di servizi in outsourcing molto spesso raggiunge un grado di specializzazione e professionalità tale, nello svolgimento della funzione che gli viene delegata, da poter operare in maniera competitiva su diversi mercati a livello internazionale.
Questa circostanza – che peraltro contribuisce a globalizzare l’economia utilizzando il vendor come veicolo di trasferimento di specifiche competenze, ottenendo così una uniformità di gestione dei processi sui diversi mercati – può inoltre consentire al cliente, che deleghi un’attività, di collaborare con un partner dal quale può apprendere una visione più globale dei processi, consentendo di venire a contatto con i più evoluti sistemi di gestione della specifica funzione aziendale.
Le particolari capacità del fornitore esterno inoltre sono il risultato di ingenti investimenti in tecnologie, metodologie e formazioni professionali specifiche per i dipendenti, oltre che delle esperienze connesse alla maggiore specializzazione.
Frequentemente la specializzazione del vendor include precedenti esperienze nell’implementazione di soluzioni analoghe presso società concorrenti, o comunque appartenenti allo stesso settore industriale.
Questa professionalità può essere trasferita all’impresa-cliente sotto forma di applicazione di abilità, processi o tecnologie precedentemente acquisite ed ora trasportabili nel nuovo contesto aziendale.
La partnership con un provider di servizi in outsourcing di rilievo internazionale fornisce dunque i seguenti vantaggi:

  • accesso a nuove tecnologie, strumenti e tecniche che l’organizzazione potrebbe non possedere;
  • eliminazione dei costi di training associati all’acquisizione delle abilità necessarie a gestire le suddette innovazioni;
  • migliori opportunità di carriera per il personale, che eventualmente sia stato trasferito dall’organizzazione cliente al provider;
  • accesso seppure parziale alle tecnologie, procedure e documentazioni in possesso del provider;
  • maggiore efficienza nello svolgimento della funzione delegata;
  • migliore consapevolezza dei costi di gestione per il processo in questione;
  • accesso a competenze aziendali e ad esperienze di processo che il fornitore ha acquisito presso precedenti clienti.

Focalizzazione sul core-business.
L’outsourcing permette all’azienda di concentrarsi sulle questioni generali, lasciando i dettagli operativi alla definizione di un esperto esterno. Esso è uno strumento manageriale che può condurre ad una maggiore chiarezza ed efficacia nel perseguimento degli obiettivi primari, che consistono nel focalizzare ed interpretare con successo i bisogni del cliente finale.
Per molte aziende vi è dunque un’unica ragione fondamentale che spiega la necessità di ricorrere all’outsourcing, ossia l’esigenza di liberarsi da tutti quei problemi che riguardano non il “cosa fare”, ma il “come farlo”, quando queste questioni riguardino funzioni aziendali ausiliarie.
Troppo spesso la soluzione di simili problemi ostacola il processo decisionale aziendale, lasciandolo imbrigliato in questioni definibili come di middle management, le quali assorbono un’enorme quantità di tempo ed attenzione manageriali. Tutto ciò può dar luogo a costi non solo di carattere finanziario, ma anche in termini di opportunità non sfruttate.
L’outsourcing rende possibile all’impresa di accelerare la crescita e di migliorare i risultati attraverso un’espansione degli investimenti nelle aree che le offrono maggiori vantaggi competitivi.

4.4. Diversi tipi di Outsourcing

Esistono diversi tipi di Outsourcing che vengono adottati dalle imprese, ma in generale si possono classificare nel seguente modo:

  • Full Outsourcing
  • Outsourcing di Base
  • Transformational Outsourcing
  • Outsourcing Funzionale.

Full Outsourcing
Il full outsourcing richiede che l’evoluzione dalla gestione in proprio all’esternalizzazione avvenga secondo criteri e finalità comuni tra cliente e provider; esso si fonda, quindi, sull’instaurarsi di una partnership tra le due parti: in questo modo si eleva il livello operativo e strategico della collaborazione e si rende massima la condivisione degli obiettivi.
Affinché la locuzione full outsourcing non risulti fuorviante occorre subito sottolineare come essa si riferisca non ad un completo trasferimento dei compiti dal cliente al provider ma alla necessità che tra di essi si instauri una visione comune sotto l’aspetto operativo e strategico al fine di raggiungere una completa condivisione degli obiettivi.

Outsourcing di Base
Il cliente affida al provider la totale o parziale gestione dell’area interessata, mantenendo al proprio interno le funzioni di controllo delle operazioni.
È la soluzione ideale per chi desidera una gestione esterna al minimo costo mantenendo uno stretto controllo sulle operazioni delegate ed allo stesso tempo riducendo al minimo i problemi connessi all’interazione tra le due organizzazioni.
La gestione operativa viene affidata al provider, ma le procedure di controllo rimangono all’interno dell’azienda.
Il ricorso all’outsourcing di base piuttosto che al full outsourcing o viceversa non dipende tanto dal tipo di partnership che si intende instaurare con il provider quanto dal tipo di processo che si intende delegare. L’outsourcing degli approvvigionamenti, in quanto caratterizzato dall’esternalizzazione di un processo prettamente interfunzionale, dovrà necessariamente farsi rientrare nella precedente categoria del full outsourcing: in altre parole, esso non può prescindere da una continua collaborazione e condivisione di strategie tra cliente e vendor.
Potrà viceversa farsi rientrare nella categoria dell’outsourcing di base la terziarizzazione di processi intrafunzionali quali, ad esempio, il servizio paghe e stipendi.

Transformational Outsourcing
Particolare forma di full outsourcing che si attua quando, in contemporanea all’affidamento all’esterno di una particolare area, si modifica la tradizionale struttura aziendale anche per aree correlate.
Il vendor svolge in questo caso un doppio ruolo in partnership con il cliente: da un lato, mantiene provvisoriamente la gestione dell’area da ristrutturare, evitando così rischi di blocco delle operazioni, e, dall’altro, collabora con l’azienda in qualità di consulente nell’operazione di cambiamento.
Questo tipo di outsourcing generalmente si modifica in full outsourcing non appena sia superata la fase di transizione e trasformazione.
Il termine di transformational outsourcing nasce in ambito informatico, ambito che attualmente si configura come il più dinamico per quanto riguarda il ricorso all’outsourcing.
In tale contesto la fase di trasformazione è stata accompagnata negli ultimi anni sempre più di frequente dall’adozione di sistemi informativi basati su soluzioni applicative di mercato, note come ERP Systems (Enterprise Resource Planning Systems).
Il provider affronta in genere ogni step del progetto di trasformazione, gestendo il cambiamento nella sua globalità: dalle fasi preliminari di organizzazione e consulenza di processo, all’implementazione del sistema applicativo-gestionale, fino al rilascio in produzione ed alla successiva gestione in outsourcing.

Outsourcing Funzionale
Si tratta di servizi rivolti all’outsourcing di singole funzioni aziendali o parti di esse.
Nell’ambito di quest’ultimo punto, può farsi rientrare per semplicità quella che in realtà dovrebbe essere un’altra classificazione di outsourcing, in cui l’elemento discriminante è costituito appunto dalla funzione aziendale delegata.
Il motivo della considerazione di questa classificazione come sottoclassificazione della più ampia tassonomia delineata, è semplice e riguarda la sempre maggiore tendenza verso un outsourcing di processo, piuttosto che di funzione, in accordo con i principi guida del business process reengineering.
Tra le funzioni o aree delegabili in outsourcing rientrano: sistemi informativi, ufficio legale, risorse umane, formazione e consulenza, telecomunicazioni, logistica, revisione interna, amministrazione, subfornitura di componenti intermedi.
Va aggiunta, infine, un’ulteriore distinzione tra outsourcing “puro” a terzi fornitori ed altre forme, per così dire, spurie o modalità alternative, quali l’outsourcing in joint-venture con terzi o lo scorporo di attività interne e la creazione di aziende controllate.
A scanso di equivoci va subito sottolineato che con il presente lavoro si intende approfondire il concetto di outsourcing nella sua forma “pura”, in cui il provider (o vendor) si pone nei confronti del cliente come un terzo fornitore in rapporto esclusivamente di carattere commerciale con la azienda delegante.

4.5. Vantaggi e rischi dell’Outsourcing

Un numero sempre maggiore di imprese si sta oggi muovendo verso l’adozione dello strumento dell’outsourcing.
Le conseguenze positive nel lungo e nel breve periodo ad oggi riconosciuti e riscontrati sono piuttosto importanti.
Per quanto riguarda i vantaggi, la terziarizzazione consente all’impresa:

  • Di concentrarsi sul “core business” dal momento che diminuisce il numero di attività da lei direttamente gestite; evitando di dover investire in attività secondarie che oltretutto, per raggiungere livelli di competitività assoluta, necessiterebbero di investimenti ingenti, comunque non giustificabili da risultati proporzionalmente adeguati.
  • Di ridurre i costi, perché l’impresa si affida ad un partner specializzato che ha come business principale l’attività che l’impresa esternalizza.
  • Di trasformare i costi fissi in costi variabili, dato che i costi del personale e delle attrezzature (ammortamenti) coinvolte sono sostenuti dall’operatore esterno.
  • Di avere maggiore flessibilità, ossia una maggiore capacità di far fronte ad improvvise variazioni di volume nelle vendite, in quanto l’operatore, grazie alla propria organizzazione specifica, è in grado di compensare i picchi di un cliente con altri a stagionalità contraria.
    Di migliorare il livello di servizio grazie all’utilizzo di operatori specializzati.
  • Di valorizzare il personale, in quanto non più impegnato in lavori di routine, può concentrarsi maggiormente sugli aspetti focali della sua attività, migliorando ragionevolmente la professionalità.
  • Di migliorare la qualità dei servizi offerti e dei prodotti forniti, in quanto il provider tende a inserire nel “paniere” dei fornitori al quale si rivolge, solo quelle imprese che assicurano standard qualitativi elevati: anche per questo è importante fare riferimento ad un vendor di consolidata esperienze e professionalità.

I principali rischi, invece, risultano essere:

  • La demotivazione del personale, in seguito alla graduale smobilitazione della struttura interna;
  • La possibilità di comportamento opportunistico da parte del fornitore di servizi, a causa della situazione di forte dipendenza dell’azienda da quest’ultimo;
  • La difficoltà di controllo del livello di servizio offerto al cliente finale, dovuta alla necessità di disporre di un adeguato sistema di misurazione delle performance del fornitore e di una interfaccia interna all’azienda in possesso delle competenze necessarie;
  • La perdita del know how¹ specifico, nel caso in cui parte del personale dell’azienda venga assorbito dal fornitore di servizi o comunque venga trasferito in altra area aziendale;
  • La perdita del contatto diretto con il cliente finale.

La decisione se realizzare o meno un programma di Outsourcing non deve fermarsi semplicemente all’esame dei potenziali benefici o rischi connessi a tale scelta, ma comporta un’attenta analisi delle implicazioni gestionali ed organizzative che ne discendono (Matera C., 1993).
Innanzitutto l’azienda deve essere capace di gestire il cambiamento organizzativo (Duè T., 1992) durante il periodo di transizione: sono infatti molteplici i casi in cui importanti innovazioni organizzative, introdotte in azienda tramite degli ambiziosi progetti di cambiamento, si sono poi rivelate un insuccesso a causa sia delle forti resistenze interne, sia delle incapacità di creare il consenso tramite un attivo coinvolgimento di tutta la struttura aziendale.
Durante questa fase di transizione risulta critico il modo in cui vengono rilasciate le informazioni in merito alle decisioni prese al vertice dell’azienda; la comunicazione di eventuali cambiamento non ancora sicuri potrebbe creare un clima di instabilità che andrebbe a scapito della produttività dell’azienda.
Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione riguarda il problema della gestione delle risorse umane: è inevitabile che molti dipendenti (soprattutto i diretti interessati facenti parte della funzione o servizio ceduto all’esterno) siano scontenti della soluzione adottata (Kiely T., 1992), pertanto occorre predisporre in anticipo adeguati sistemi per incentivare le persone ad accettare i cambiamenti, pensando anche al modo in cui condurre la negoziazione con i sindacati.
Le decisioni di outsourcing presuppongono inoltre un cambiamento di tipo culturale: diventa indispensabile saper riconoscere al fornitore il ruolo di partner, il che comporta non solo mettere in comune le capacità complementari di ciascuna delle parti (cooperazione), ma stabilire anche un rapporto fiduciario basato sulla buona fede e sul rispetto reciproco (Cuneo G., 1994).
L’impostazione di relazioni con il fornitore secondo questa logica di tipo cooperativo rende necessaria la predisposizione di adeguati sistemi di identificazione del o dei fornitori: oltre alle prestazioni attuali del fornitore, occorre saper valutare la compatibilità delle dinamiche evolutive di tale fornitore con le future esigenze dell’impresa cliente. (Ellram, 1990).
Ultima ma non meno importante implicazione è la necessità di disporre di adeguati sistemi per il monitoraggio e il controllo delle prestazioni del o dei fornitori, utili nella fase di mantenimento del rapporto: si tratta di sistemi in grado di valutare gli scostamenti del servizio offerto dal fornitore rispetto a degli standard di riferimento stabiliti contrattualmente e di decidere eventuali azioni correttive (Vannutelli L.,1994).

5°: Il caso UNITEC

5.1. Breve storia dell’azienda

La Unitec High Tech Industriprodukte Vertriebs GmbH¹ con sede ad Augsburg (Germania) nasce sul finire degli anni ’80 su iniziativa di un imprenditore italiano per offrire assistenza qualificata ad aziende che utilizzavano componenti industriali tedeschi o internazionali ma distibuiti in europa tramite le centrali commerciali dislocate in Germania.
Al momento della sua nascita, la Unitec aveva quindi come mercati di riferimento per i propri fornitori la Germania, e come primi clienti aziende del settore metalmeccanico, elettronico e della distribuzione.
Il concetto UNITEC di concentrarsi nell’ambito dei servizi ebbe subito successo e contribuì all’acquisizione progressiva di sempre più clienti.
Con la crescita strutturale UNITEC si occupò di migliorare continuamente la qualità dei suoi processi di gestione che ha determinato un significativo aumento dell’efficienza.
In questo modo, Unitec è diventata competitiva per le strutture delle aziende italiane e ha cominciato a proporre la fornitura integrata evidenziando i vantaggi logistici e definendo i servizi fornibili.
In questa fase si delinea con precisione il concetto di outsourcing messo a punto dalla Unitec.
Un salto di qualità viene compiuto a metà degli anni ’90 grazie alla completa informatizzazione del workflow aziendale: oggi Unitec dispone di un sistema software ERP realizzato interamente sulle esigenze dell’impresa, attraverso il quale riesce a gestire in tempo reale l’intero processo di approvvigionamento, consentendo di ottenere continui risparmi sulla gestione delle informazioni, non più vincolate al materiale cartaceo.
Nella seconda metà degli anni ’90, Unitec abbandona lo schema organizzativo lineare di tipo gerarchico, inadatto a sostenere i ritmi di crescita degli affari, per una struttura di tipo matriciale, particolarmente indicata per operare nei settori dove l’hi-tech è ben presente, e che è caratterizzata dalla divisione del personale in team di lavoro.
Il posizionamento strategico, da un punto di vista geografico di Unitec, è legato alla concentrazione d’imprese automobilistiche o comunque ad alta tecnologia all’interno di un’area che ha come centro Augsburg e quindi la stessa azienda.
All’interno di tale area sono presenti aziende come Mercedes e Porsche vicino a Stoccarda, Heide e Muller presso Augsburg; BMW, Audi e Volkswagen a Monaco.
Attorno a tali imprese si è sviluppata una rete di servizi a livello di subfornitura di cui fa parte Unitec stessa e da cui essa ha tratto e trae importanti sostegni logistici e finanziari.
Un ruolo importante nello sviluppo a livello qualitativo del servizio Unitec è stato fornito dalla sua partecipazione al DIN (Deutsches Institut für Normung)².
Unitec n’è entrata a far parte dal Novembre del 1995, ed è membro attivo del DIN presso il quale esercita un potere decisionale tramite la formulazione del proprio voto.
Negli ultimi anni a fronte delle richieste specifiche di alcuni clienti più importanti, la Unitec sta sviluppando nuove caratteristiche organizzative e strutturali che le permettono di approvvigionare anche altre tipologie di materiali in modo efficace ed efficiente.
Per ottenere tali risultati, sta mettendo a punto nuove tecnologie gestionali in grado di offrire ai propri clienti una serie di servizi aggiuntivi oltre alle tradizionali funzioni di procurement.
Oggi è un’azienda internazionale che rappresenta, probabilmente, il primo esempio di outsourcer che, per tipologia ed estensione dei servizi, applica completamente i principi più avanzati della terziarizzazione dei processi di fornitura, nonché quelli gestionali del magazzino e della logistica.
In particolare Unitec si è specializzata nei servizi di fornitura integrata dei non-production goods, come ad esempio i pezzi di ricambio per gli impianti di produzione di vaste tipologie di industrie, da quella automobilistica, a quella della stampa, da quella degli elettrodomestica quella chimica.

5.2. Mercati e clienti di riferimento

Unitec è un’azienda che storicamente suporta i suoi clienti nell’approvvigionamento di componenti, impianti di produzione e parti di ricambio per gli stessi; ed è proprio questo il suo principale mercato di riferimento.
L’azienda individua i propri potenziali clienti attraverso ricerche di mercato e sintetizzando dei parametri caratteristici necessari.
Le aziende cui si rivolge sono solitamente di medio-grandi dimensioni che richiedono un livello di servizio molto elevato, con particolare attenzione, oltre alla qualità dello stesso, anche alle tempistiche che lo caratterizzano.
Le aziende che usufruiscono dei servizi Unitec sono, in maggioranza, aziende leader nel proprio settore che richiedono ed impongono il rispetto di standard molto elevati, ed è proprio per questo motivo che Unitec si è certificata con la normativa ISO 9001.
Attualmente la Unitec sta focalizzando la propria promozione presso aziende italiane e tedesche, con l’obiettivo per il futuro di rivolgersi in modo capillare anche al resto dell’Europa, sfruttando il proprio posizionamento logistico.
Nella scelta dei mercati di riferimento per i propri clienti, Unitec ha fondato la propria strategia su basi legate ad alcuni fattori chiave riconducibili a tali mercati.
I mercati di riferimento fondamentali per l’azienda sono rappresentati da: Italia, Francia, Germania e Spagna.
Si puònotare che tali paesi appartengono alla Comunità Europea e, quindi, presentano delle caratteristiche relative a ordinamenti giuridici e sistemi di trasporto molto simili tra loro; questo favorisce il transito delle mercigrazie all’assenza di dazi doganali, e con l’introduzione dell’euro saranno eliminati anche i rischi legati all’oscillazione dei cambi.

Figura 1: Localizzazione geografica degli uffici Unitec

europa

Fonte: Unitec, 2000

Le aziende con cui Unitec opera attualmente sono raggruppabbili per categorie in base all’attivitá svolta.
Tra i principali clienti troviamo aziende come Mondadori Printing, Michelin, Kimberly Clark, Iveco (tutti gli stabilimenti), Man Roland Druckmaschine AG, Enichem, Comau, Bridgestone Firestone Italia, Piaggio, New Holland, Siemens e molti altri grandi aziende.

5.3. Settore di business e ruolo di Unitec

Il settore di business in cui opera Unitec è quello della Supply Chain Management. In particolare, la Unitec si propone alle aziende come partner per l’outsorcing degli approvvigionamenti e lo sviluppo di soluzioni e di applicazioni specializzate di e-procurement. L’applicazione del concetto di fornitura integrata sviluppato da Unitec, assieme allo sfruttamento degli strumenti messi a disposizione dall’IT, permette a Unitec di gestire in outsourcing le attività di procurement in modo completo ed efficiente.
L’introduzione dell’outsourcing dei processi di approvvigionamenti genera un triplice effetto leva:

  1. importanti competenze vengono utilizzate al meglio,
  2. l’ “over-head amministrativo” si riduce drasticamente¹ e,infine,
  3. la diminuzione dei costi interni di gestione dei processi contribuisce ad elevare la competitività dell’azienda

Unitec come fornitore di servizi “Supply Chain Management” attribuisce notevole importanza alla stretta collaborazione con il cliente, per essere in grado di reagire rapidamente ai cambiamenti delle necessità del cliente stesso.
Il modello gestionale Unitec della SCM crea i presupposti per la realizzazione del BPR (Business Process Reengineering) che prevede l’analisi e la conseguente informatizzazione dei modelli gestionali e dei processi presso il cliente.
Il BPR è propedeutico all’introduzione del BPO (Business Process Outsourcing). In alcuni casi il BPO semplifica il BPR.
La missione di Unitec è quella di “trasformare i costi fissi in variabili e ridurli. Fornire i mezzi per la reingegnerizzazione delle procedure di approvvigionamento. Supportare il miglioramento continuo aziendale e il Quality Management.
Generare da ogni costo un valore aggiunto. Rendere liberi i clienti di dedicarsi totalmente e tranquillamente al proprio core business. (Ciapetti, 2000).
Tali obiettivi sono raggiunti “Riducendo il numero di fornitori, gestendoli e amministrandoli.
Integrando le forniture in modo che “una” consegna sostituisca centinaia di arrivi e relativi controlli ed operazioni di magazzino. E quindi fatturando una sola volta al mese invece di migliaia di volte. Unificando le valute, i termini e il numero dei pagamenti ai fornitori. Tutto questo grazie a persone preparate ed alla tecnologia informatica, interconnettendo, infatti, i nostri clienti con applicativi Internet (NetSourcing) e disponibili 24 ore su 24 in tutte le lingue e da qualsiasi parte del mondo” (Morelli, 2000).
Ciò riassume compiutamente i concetti che stanno alla base dell’outsourcing degli approvvigionamenti e dell’e-procurement.
Lo sviluppo del concetto di outsourcing per Unitec ha chiaramente risentito delle differenti tipologie di richieste provenienti dalla clientela, le cui diversità vanno ricercate soprattutto nei contesti e nei termini di competizione con la quale devono confrontarsi.
Per cercare di rispondere nel modo quanto più preciso e diretto possibile alle specificità richieste, Unitec ha sviluppato l’idea di personalizzare i propri servizi, distinguendo in primo luogo l’outsourcing in “procedurale” ed “amministrativo”, e poi strutturandoli attraverso NetSourcing, lo strumento informatico di Unitec.

5.4. La fornitura integrata

Ogni anno in un’azienda vengono svolte migliaia di procedure per l’approvvigionamento di beni non considerati strategici, beni di fascia B e C, vale a dire i low cost¹ non strategici (figura 2).

Figura 2: Processi di routine per l’approvvigionamento di beni.

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Fonte: Unitec, 2000
Si tratta, in genere, di beni il cui prezzo è relativamente basso, ma il cui costo globale d’acquisto risulta particolarmente elevato.
Questo perché l’impresa, per poter acquisire tali beni, predispone ed attiva strutture operative e di gestione ottimizzate per l’acquisto di merci di tipo strategico per il proprio core business.
In sostanza, l’acquisto di merci di tipo non strategico, risulta costoso non tanto o non solo per il prezzo, ma soprattutto perché vengono “consumate” risorse aziendali in attività d’acquisto per le quali l’impresa non è specializzata; ciò significa che si determina una netta sproporzione tra il valore del bene acquistato, ed il costo delle procedure attuate per ottenerlo.
Infatti, si può verificare che anche il semplice acquisto di una vite può costare da 20 lire fino a 200.000 lire!: dipende, appunto, da com’è scelta, da come si controllano i preventivi, da come è ordinata, da come si trasporta e da come è immagazzinata. Oltre a ciò, si consideri l’impossibilità di fare leva su economie di scala, trattandosi di centinaia di beni di diverso tipo.
La proposta di Unitec a questo problema è quella di esternalizzare l’over-head gestionale con il sistema di Fornitura integrata.

Figura 3: Modello di fornitura integrata di Unitec.

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Fonte: Unitec, 2000

Il sistema di Fornitura Integrata si sviluppa sfruttando una pianificazione dell’acquisto di materiali differenti da diversi produttori attraverso una richiesta integrata ad Unitec, che può comprendere e fare riferimento a diversi costruttori contemporaneamente.
Le offerte, una volta analizzate vengono fatte confluire in un unico ordine, comportando un’unica fornitura, un’unica fattura, un unico pagamento, indipendentemente dalle specifiche condizioni di fornitura dei singoli fornitori.
Da una parte, quindi, si riducono i costi di ogni fornitura da n a 1, dall’altra permette a Unitec di ricavare il proprio margine a “costo zero” per il cliente. Infatti, i risparmi resi possibili sono nettamente maggiori dei ricarichi sulla merce applicati (Figura 4).
E’ evidente che maggiore è il numero dei processi che vengono gestiti con la fornitura integrata, maggiori saranno i benefici derivanti dal recupero di efficienza. Attraverso la Fornitura Integrata viene inoltre realizzato un unico trasporto integrato (contenente prodotti provenienti da diversi costruttori) da parte di Unitec.
Tramite la Fornitura Integrata è possibile controllare all’accettazione merci, più posizioni in un’unica operazione.

Figura 4: La logica di Fornitura Integrata offerta da Unitec.

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Fonte: Unitec, 2000

La merce proveniente dai vari fornitori successivamente viene convogliata o verso un magazzino esterno oppure direttamente ad Unitec dove viene smistata e consegnata con un’unica spedizione.

Figura 5: Schema delle consegne con Unitec.

 grafo17

Fonte: Unitec, 2000

Attraverso tale metodologia, è possibile controllare un elevato numero di posizioni con un’unica bolla d’accompagnamento.
Si ha, quindi, un’unica spedizione e Unitec come riferimento per qualsiasi spiegazione o in relazione ad eventuali problemi insorti.
Attraverso il servizio Unitec si hanno meno spedizioni, meno bolle d’accompagnamento e meno fatture, infatti, i costi di trasporto sono calcolati da Unitec ed inseriti nelle stesse.
I costi di spedizione si riducono poiché se tali spedizioni fossero a carico del destinatario, quest’ultimo dovrebbe pagare le differenti spedizioni; inoltre esiste la possibilità che per ordinativi di importo molto elevati tali costi non siano imputati da Unitec.
Il cliente può decidere se ricevere le fatture una volta la settimana o una al mese, comportando nel secondo caso 12 fatture l’anno con conseguenti 12 pagamenti, rendendo, quindi, più semplice la contabilità interna.
E’ prevista anche l’eventualità che un cliente disponga di un proprio spedizioniere. Attraverso sistema informatico, il cliente può seguire la spedizione della merce in qualsiasi momento perché essendo in possesso del numero di spedizione dello spedizioniere può controllare direttamente ed autonomamente il rispetto dei termini di consegna. Qualora richiesto, i clienti possono avere gli stessi codici della spedizione nella fattura.
Un altro notevole vantaggio è rappresentato dalla possibilità di eseguire un solo pagamento, indipendentemente dalle condizioni di fornitura imposte dai singoli fornitori, i cui termini saranno concordati con Unitec.
Molto interessanti sono i risultati che si ottengono dal punto di vista della gestione del magazzino.
La riduzione del magazzino praticata dalla maggioranza delle aziende ha portato risultati di tipo finanziario ma ha indotto una crescita esponenziale delle procedure di approvvigionamento e quindi un’esplosione dei costi correlati.
A parità di strutture, l’efficienza dei servizi interni risulta gravemente compromessa. Inoltre il veloce sviluppo e impegno di nuove tecnologie obbliga alla gestione e amministrazione di sempre più fornitori (Figura 6).
Unitec è riuscita a risolvere tutto questi problemi con il concetto di Fornitura Integrata.
In figura 7, potremo vedere un esempio reale di Fornitura Integrata effettuato da Unitec per un cliente.
Il risultato è quello di aver integrato ben 20 componenti provenienti da 8 diversi fornitori con un unico ordine.

Figura 6: Evoluzione nel tempo delle scorte e degli approvvigionamenti e costi.

bestell3

Fonte: Unitec, 2001

In sostanza, l’impresa cliente di Unitec, con questo ordine, è riuscita a ridurre le transazioni da 8 ad 1, cioè dell’87,5%.
Si capisce, così, come i costi del servizio prestato da Unitec, possano essere assorbiti sia dai risparmi diretti ottenibili – con gli acquisti di grandi quantità di prodotti per diversi clienti Unitec si assicura dai fornitori prezzi molto competitivi – che dai miglioramenti di efficienza ricavabili.

Figura 7: Esempio reale di fornitura integrata effettuata da Unitec

 

Pos Denominazione Costruttore Quantità Prezzo storico DM Data di consegna
1 Particolare 1 Fornitore 1 20 202,50 sett 1
2 Particolare 2 Fornitore 1 4 85,00 sett 2
3 Particolare 3 Fornitore 1 25 322,20 sett 2
4 Particolare 4 Fornitore 2 1 1050,00 sett 3
5 Particolare 5 Fornitore 2 3 723,60 sett 1
6 Particolare 6 Fornitore 3 10 55,30 sett 5
7 Particolare 7 Fornitore 3 80 103,70 sett 1
8 Particolare 8 Fornitore 3 2 610,00 sett 2
9 Particolare 9 Fornitore 4 40 80,50 sett 3
10 Particolare 10 Fornitore 4 35 23,50 sett 2
11 Particolare 11 Fornitore 4 50 70,20 sett 3
12 Particolare 12 Fornitore 5 40 440,50 sett 2
13 Particolare 13 Fornitore 5 5 120,00 sett 7
14 Particolare 14 Fornitore 5 3 580,00 sett 3
15 Particolare 15 Fornitore 5 7 32,80 sett 2
16 Particolare 16 Fornitore 6 100 250,00 sett 4
17 Particolare 17 Fornitore 7 4 820,00 sett 5
18 Particolare 18 Fornitore 7 30 230,00 sett 3
19 Particolare 19 Fornitore 8 80 167,00 sett 2
20 Particolare 20 Fornitore 8 20 58,60 sett 7

Fonte: Unitec, 2000
Figura 8: Schema dei rapporti commerciali di Unitec.

grafo18

Fonte: Unitec, 2000

5.5. Il magazzino Virtuale

Un’evoluzione dell’outsourcing degli approvvigionamenti può essere considerato il Magazzino Virtuale: una particolare applicazione che può essere utilizzata soprattutto nei distretti produttivi, costituiti tipicamente da imprese di piccole e medie dimensioni.
L’idea di questo magazzino virtuale nasce gia a fine degli anni 80 dall’esigenza di ottimizzare la gestione dei magazzini delle imprese di un particolare distretto industriale, anche se l’idea del magazzino unico per più imprese non è nuova, ma in passato si è sempre scontrata con problemi che ne hanno impedito la realizzazione.
Il motivo per cui il magazzino virtuale è il naturale punto di riferimento nei distretti industriali, dipende dal fatto che in tali contesti la compatibilità alla condivisione delle materie prime e dei semilavorati è estremamente elevata. Ed è proprio la loro specializzazione in un determinato settore industriale, che porta queste aziende ad avere la produzione estremamente efficiente e quindi competere sui mercati con imprese di maggiori dimensioni.
L’elevata elasticità nelle strategie commerciali e produttive, non sono il più delle volte sostenute dall’altrettanta elasticità nelle strategie di forniture e nella gestione del magazzino, con conseguente presenza di ridondanze di merci stoccate e naturalmente una certa confusione dal punto di vista operativo e logistico. Si avrà cosi un aumento del lead-time¹.

Figura 8: Alcuni distretti industriali italiani.

italia

Fonte: Unitec, 2000

      Considerando l’elevata efficienza raggiunta nei processi produttivi dei distretti industriali, la nuova sfida da lanciare per migliorare la competitività è rappresentata proprio dall’ottimizzazione della gestione del magazzino e dei processi di fornitura.

 

      Il problema non è però facile da risolvere, dato che bisognerà superare le resistenze delle imprese potenzialmente coinvolte.

 

      Tali resistenze riguardano essenzialmente:
  • i costi per creare piattaforme fisiche comuni, che sarebbero notevoli e poi vincolerebbero le imprese nelle strategie future;
  • la perdita di autonomia nella gestione, che nelle piccole e medie imprese è la forma più elementare di flessibilità e sono quindi restie a condividere con i diretti concorrenti informazioni riguardanti i mercati di approvvigionamento e di distribuzione.

Tutti questi problemi possono essere risolti simultaneamente con il concetto di “Magazzino Virtuale” messo a punto dalla Unitec.
Il magazzino virtuale può essere considerato un’evoluzione del magazzino tradizionale, in quanto la disponibilità fisica del bene viene sostituita dall’informazione relativa alla disponibilità e alla locazione del bene e della logistica.
La Unitec interviene in questo processo gestendo il flusso degli approvvigionamenti per conto delle aziende clienti.
I vantaggi che derivano dal fatto che le imprese possono attingere da un magazzino comune, sono quelli di permettere alle imprese di ottimizzare, riducendole, le scorte stoccate senza incidere sulla capacità produttiva. In questo modo si ridurranno anche i costi amministrativi, e allo stesso tempo si conterranno i costi di acquisto per le forniture grazie alle economie di scala che si ottengono.
La constatazione da cui ha preso forma l’idea del magazzino virtuale, è che all’interno di un distretto industriale sono presenti numerosi duplicati di materie prime e semilavorati, stoccate contemporaneamente da più imprese.
Una volta messe insieme queste quantità, si può notare che sicuremente sono superiori alle effettive necessità di produzione di tutto il distretto, anche nel caso in cui la domanda dovesse subire un’accelerazione.
Allo stesso tempo è noto che la merce stoccata in magazzino è un costo non indifferente per l’azienda, trattandosi di capitale immobilizzato che al contrario potrà essere investito in altre attività produttive.
Inoltre, all’interno del magazzino sono sempre presenti quantità di materiali di ricambio che l’azienda ha a disposizione per garantire una certa continuità nella produzione nel caso di guasti imprevisti agli impianti, sempre che questi guasti possano essere riparati, altrimenti avremo anche ricambio che non potremo più utilizzare.
L’ingegnerizzazione del Magazzino Virtuale è basata sul principio della “esclusione della contemporaneità” utilizzato nella progettazione di sistemi complessi, ovvero si esclude statisticamente che lo stesso componente vada in avaria nello stesso momento in due aree differenti del sistema.
Un esempio quotidiano è la ruota di scorta, ne possediamo una anche se la nostra autovettura ne usa quattro, ma si esclude la possibilità di forare contemporaneamente più ruote.
Con il magazzino virtuale le risorse di tutto il distretto saranno condivise, in modo da diminuire le merci stoccate, senza però rinunciare ad una pronta disponibilità nel caso queste fossero necessarie. Questo grazie alla gestione coordinata e globale dell’outsoucer esterno, cosi avremo ottimizzato le scorte e ridotto i costi di acquisti e approvvigionamenti mediante l’accesso a sistemi informativi interaziendali che, soprattutto per le PMI, possono rappresentare un’importante risorsa per aumentare la competitività nel mercato.
La base del funzionamento del il magazzino virtuale è rappresentata da una piattaforma software. L’outsourcer utilizza sistemi multipiattaforma aperta, vale a dire in grado di interscambiare dati con altri sistemi via Internet, Intranet o Extranet; che gli permette di avere a disposizioni informazioni in tempo reale da tutto il distretto, ma anche di interfacciarsi continuamente con le imprese interessate.
L’intero distretto si comporta come un’unica fabbrica. Inoltre, che essendo i flussi di magazzino informatizzati e gestiti da un clic, il provider di un qualsiasi distretto potrebbe risiedere in qualunque parte del mondo.
Il magazzino virtuale è costituito fisicamente dall’insieme dei magazzini di proprietà delle aziende del distretto, ma la gestione è affidata ad un outsourcer qualificato.
Le aziende partecipanti trasmettono al gestore del Magazzino Virtuale le informazioni dei contenuti del magazzino aziendale che desiderano condividere nel distretto, a sua volta il gestore genera un magazzino virtuale che contiene le descrizioni dei materiali, la quantità disponibile ed i tempi d’approvvigionamento. In questo modo le imprese possono conseguentemente ridimensionare le proprie scorte in funzione della disponibilità del magazzino virtuale e delle necessità operative.
Il gestore del Magazzino Virtuale (outsourcer) provvederà ai prelievi e alle consegne nell’ambito del territorio oltre al riapprovvigionamento dello stesso magazzino.
Nel Magazzino Virtuale le ridondanze sono normalizzate e le obsolescenze riciclate, la rotazione di magazzino aumenta, il capitale vincolato si riduce e la disponibilità si moltiplica.
I magazzini delle imprese partecipanti si trasformano da passivi in attivi e gli imprenditori possono scegliere se investire in scorte o in servizi.
Partecipare ad un Magazzino Virtuale, inoltre, permette di:

      • eliminare gli overhead gestionali;
      • adeguare i costi all’andamento congiunturale aziendale;
      • avvalersi di sinergie negoziali ed organizzative;
      • usufruire di sconti di scala moltiplicati in funzione dei grandi volumi d’acquisto generati;
      • garantire una migliore reperibilità delle forniture con un innalzamento degli standard qualitativi;
      • minimizzare i costi di struttura;
      • salvaguardare l’ambiente riducendo il traffico generato da trasporti di lungo percorso.

Il Magazzino Virtuale oggi è realizzabile grazie alle tecnologie di rete, la sua applicazione è possibile ovunque e rappresenta un altro passo verso la nuova economia.

5.5.1 Applicazioni del Magazzino Virtuale in un distretto

Per poter quantificare gli effetti che comporta l’applicazione del magazzino virtuale, è possibile fare riferimento ad una proiezione fatta da Unitec relativamente al distretto dei marmi di Massa-Carrara.
La proiezione riguarda i prossimi 3 anni a partire dei dati reali del settore registrati nel 1998 e nel 1999. Il riferimento a questo distretto deriva dal fatto che, essendo le scorte di magazzino omogeneamente costituite da marmo e granito, è possibile ottenere stime più aderenti alla realtà, poiché le variabili che possono entrare in gioco sono relativamente poche.
Nel procedere in questa simulazione sono state prese come punto di partenza le condizioni di mercato attualmente esistenti, non essendo possibile prevedere eventuali congiunture economiche positive o negative, che, ovviamente andrebbero ad inficiare le stime ottenute.
Tuttavia, bisogna considerare che lo scopo è di dare un’idea del tipo di risultati che l’adozione del magazzino virtuale da parte di un distretto industriale comporta.
Nella tabella 1 vengono riassunti i risultati gestionali quadriennali di magazzino potenzialmente acquisibili da un impresa campione del distretto dei marmi, in termini di consumo, di quantità di materie prime stoccate, e di indici di rotazione se nel distretto venisse adottato il magazzino virtuale; da notare che l’aumento della produzione, deriva dall’acquisizione di più ampie fette di mercato, conseguenza della maggiore competitività raggiunta.
Attraverso la piattaforma software comune, il provider di servizio ha a disposizione in tempo reale sia le informazioni circa le necessità di materie prime delle singole imprese del distretto, sia i dati sulla quantità di marmo stoccata in ogni magazzino.

Tab. 1 : Evoluzione delle scorte e del consumo di materie prime del magazzino di un’impresa campione del distretto dei marmi dal 1999 al 2003.

2.2

Fonte: Unitec, 2001

Le aziende del distretto risultano, quindi, interconnesse in un sistema che garantisce loro contemporaneamente il 100% della disponibilità di materie, pur non essendo queste presenti fisicamente in magazzino; infatti le scorte realmente stoccate potranno subire una riduzione fino a circa il 55%.
Nel caso in cui l’impresa non abbia a disposizione il marmo o il granito richiesto, il provider lo saprà in tempo reale e provvederà immediatamente ad approvvigionare l’impresa, attingendo il materiale presso il magazzino di un’altra impresa del distretto o eventualmente da un fornitore terzo.
E’ il provider, dunque, a gestire le variazioni di scorte nei singoli magazzini, a determinarne il contenuto in qualità e quantità, in base ai dati assorbiti, nell’ottica delle esigenze di tutto il distretto.
Il risultato è di rendere il magazzino un investimento attivo, in quanto le quantità di merci contenute vengono minimizzate, mentre la loro rotazione viene moltiplicata.

Figura 9: L’andamento in valore dei consumi (in blu) e dello stock di materie prime (rosso).

 2.3

Fonte: Unitec, 2000

L’adozione del magazzino virtuale, inoltre, permetterebbe di ridurre le spese gestionali (overhead gestionale), di usufruire d’imponenti economie di scala, di utilizzare sinergie organizzative, di garantire una migliore reperibilità delle forniture innalzando lo standard delle stesse e infine di minimizzare i costi di struttura.
E’ importante sottolineare come attraverso il magazzino virtuale si raggiunga il risultato inseguito più tenacemente dalle politiche d’Invetory Management, ossia la riduzione degli investimenti nel magazzino senza compromettere alla disponibilità delle scorte e quindi senza rischiare di perdere potenziali ordini.
Nella figura 10 viene rappresentata graficamente la quantità minima di materie prime (espressa in valore) che devono essere presenti in un magazzino gestito secondo i criteri tradizionali dell’Inventory Management, al di sotto della quale non è possibile scendere senza compromettere la continuità produttiva.
Infatti, si è già visto nella tabella 1 come la quantità di materie prime stoccate sia legata alla quantità di materie prime effettivamente consumate nel processo produttivo, da un rapporto che è pari all’87%.

Figura 10: Rappresentazione del rapporto ottimale tra i costi di merci immagazzinate ed i costi per potenziali perdite di vendite.

 image022

Fonte: Execulink, 2000.

Ciò significa che, diminuendo la quantità di scorte al di sotto del “minimum cost” indicato nel grafico, sarebbe possibile ottenere dei risparmi, a discapito, però, di crescenti costi dovuti alla perdita di potenziali vendite. Riducendo eccessivamente le scorte, d’altro canto, l’impresa diminuirebbe la sua capacità di produrre la quantità e la qualità della merce richiesta dal mercato (optimal service).
Nel grafico sono rappresentate le curve del costo di gestione del magazzino (stockholding costs), che risulta crescente all’aumentare delle disponibilità di scorte, e la curva dei costi derivanti dalla potenziale perdita di ordini (potential lost sales costs), la quale ha un andamento opposto rispetto alla curva precedente.
La scelta ottimale sarà determinata dal punto minimo della curva del costo totale (in rosso), determinata dalla somma dei costi delle altre due.
L’adozione del magazzino virtuale modifica radicalmente lo schema appena illustrato.
Essendo la disponibilità delle materie prime costantemente assicurata in ogni momento dall’outsourcer di servizio, i costi delle potenziali mancate vendite, subiranno una certa diminuzione, che si tradurrà in un appiattimento della relativa curva (figura 11).

Figura 11: L’appiattimento della curva dei costi delle potenziali perdite di vendita.

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Fonte: Unitec,2000.

Allo stesso tempo la curva dei costi di magazzino tende ad abbassarsi (figura 12), in conseguenza del fatto che la quantità di materie da immagazzinare diminuisce sensibilmente, proprio perché non è più necessario che la singola impresa del distretto detenga fisicamente tutti i tipi di materie necessari a garantire la continuità produttiva.

Figura 12: Abbassamento della curva dei costi di gestione del magazzino.

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Fonte: Unitec,2000.

La combinazione dei movimenti delle due curve comporta lo modifica della posizione della curva del costo totale che si abbasserà e si sposterà verso destra (figura 13).

Figura 13: Lo spostamento del punto di equilibrio dei costi totali.

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Fonte: Unitec,2000.

5.6. Netsourcing

La comprensione e lo sviluppo delle tecnologie Internet based è uno degli obiettivi primari dell’attività di ricerca Unitec.
Grazie alle conoscenze tecniche acquisite in questo settore è nata Unitec Services & Web S.r.l., società creata per sviluppare nuovi strumenti gestionali basati sulle tecnologie Internet ed integrarli nell’offerta dei servizi hi-tech che Unitec propone ai propri clienti nell’ottica dell’ottimizzazione dei costi. Unitec-D, in collaborazione con Unitec Services & Web (www.usw.it ), ha sviluppato una serie di soluzioni Internet-based dedicate agli uffici acquisti ed enti collegati, per l’approvvigionamento industriale via Internet e la gestione di magazzino.
L’obiettivo è quello di affrontare e risolvere una vasta gamma di problemi degli enti acquisitori al fine di raggiungere l’ottimizzazione delle procedure attraverso i seguenti step:

  • Riduzione dei costi di gestione (fax, telefono, ore lavoro e comunicazioni);
  • Consolidamento e riduzione della documentazione cartacea;
    Miglioramento dell’archiviazione e reperibilità dei documenti e informazioni;
  • Conversione della modalità di comunicazione da sincrona (telefono) ad asincrona (email);
  • Indipendenza delle postazioni di lavoro dalla loro locazione fisica;
    Omogeneità e condivisibilità delle informazioni.

Sono state sviluppate diverse applicazioni per le seguenti attività: Acquisti, Approvvigionamento, Magazzino, Tracking e Reporting.
L’applicazione dedicata agli Uffici Acquisti permette di interrogare in real time un database contenente ad oggi 46.303 articoli di 3.220 fornitori diversi (aggiornato costantemente), con relativa descrizione multilingue, ed emettere in tempo reale da qualsiasi luogo del mondo, a qualsiasi ora ed in qualsiasi lingua, richieste di fornitura. Qualora l’articolo o il fornitore non fosse presente nel database è in ogni caso possibile inviare la richiesta tramite una procedura dedicata.
La possibilità di emettere richiesta via Internet consente di sostituire i tradizionali mezzi di comunicazione e della gestione come carta, fax e telefono, riducendo drasticamente i costi d’approvvigionamento.
Ulteriori risparmi si ottengono consolidando le richieste, ovvero attraverso la possibilità di richiedere con un’unica procedura più prodotti di fornitori diversi.
Questo contribuisce a raggiungere l’ottimizzazione dei costi grazie alla drammatica riduzione della produzione di documenti cartacei come fax ed altre comunicazioni.
La postazione di lavoro è disponibile ovunque ed in modo personalizzato e, quindi, indipendente dal luogo fisico in cui si trova. Anche in caso di indisponibilità di una determinata postazione di lavoro, non è compromessa la continuità e l’usabilità del servizio e, soprattutto, l’integrità dei dati. Questi argomenti sono uno dei presupposti fondamentali per l’introduzione del telelavoro.
È possibile emettere richieste di fornitura e/o di approvvigionamento via Internet in modo assolutamente innovativo, semplice ed intuitivo. È come utilizzare il carrello della spesa. Bastano pochi attimi per cercare e trovare il costruttore d’interesse e selezionare i relativi articoli da richiedere.
Gli articoli scelti saranno, quindi, immessi in una lista che può essere visualizzata, modificata nelle quantità, o cancellata in qualsiasi momento.
Non è necessario emettere la richiesta immediatamente. Infatti, se la richiesta non è inviata, la lista non sarà cancellata e rimarrà a disposizione per altre sessioni di lavoro anche a distanza di giorni o da altre postazioni di lavoro.
Per quanto riguarda gli approvvigionamenti, la richiesta avviene come per gli acquisti, ma su base di dati fornita dal cliente.
Gli enti delegati come la manutenzione o il magazzino possono inviare richieste per il riapprovvigionamento di articoli di frequente riordino. L’Ufficio Acquisti riceve quindi, se necessario, comunicazione delle richieste inviate dagli enti direttamente al fornitore.

5.6.1. Il sito Netsourcing (www.netsourcing.it)

Unitec fornisce i suoi servizi direttamente online tramite un qualsiasi browser Internet. Per accedere ai servizi offerti da Unitec tramite l’applicazione Netsourcing, basterà semplicemente registrarsi presso il sito e si riceverà una login e una password.

Figura 14: Pagina d’ingresso in Netsourcing.

netsour

Fonte: Netsourcing, 2001

L’applicazione riconoscerà immediatamente l’utente, che potrà scegliere l’operazione da fare.
Dalla schermata principale (figura 14), si nota che il sito è molto semplice ed intuitivo e non necessita di conoscenze particolari per essere utilizzato correttamente.

Approvvigionamento Nella sezione dedicata agli approvvigionamenti, l’utente può controllare eventuali posizioni aperte e visualizzare anche possibili offerte ricevute da Unitec su richieste emesse in precedenza.

Figura 15: Schermata iniziale della sezione approvvigionamenti.

net2

Fonte: Netsourcing, 2001

In questa sezione è possibile richiedere la fornitura di prodotti già acquistati in precedenza. L’utente potrà scegliere di effettuare la richiesta in base a diversi criteri (figura 15):

  • Ricerca per costruttori
  • Ricerca per articoli in base al codice
  • Ricerca articoli in base alla descrizione
  • Ricerca articoli normalizzati (ISO-DIN¹).

La ricerca avverrà tra gli articoli e i costruttori gia conosciuti sia dal cliente che dalla stessa Unitec.
Nella figura 16 possiamo vedere un esempio di ricerca effettuate da un utente che utilizza come chiave di ricerca un costruttore. La schermata appare molto semplice, abbiamo il numero dell’articolo, la descrizione e la richiesta, che potrà essere effettuata tramite un click. Gli articoli scelti verranno quindi immessi in una lista che può essere visualizzata, modificata, o cancellata in qualsiasi momento.
Figura 16: Schermata di ricerca di un costruttore.

net3

Fonte: Netsourcing, 2001

Non è necessario emettere la richesta immediatamente. Infatti, se la richiesta non viene inviata, la lista non sarà cancellata e rimarrà a disposizione per altre sessioni di lavoro anche a distanza di giorni o da altre postazioni di lavoro.

Acquisti
In questa sezione del sito è possibile effettuare le richieste di articoli che non si sono mai acquistati precedentemente.
La ricerca sarà effettuata su tutto il database di articoli e fornitori Unitec.
La schermata è uguale a quella degli approvvigionamenti, con l’unica differenza che la ricerca questa volta avviene nel database di Unitec.

Magazzino
Una ulteriore e rivoluzionaria innovazione consiste nella introduzione del MAGAZZINO VIRTUALE: questo concetto consiste nella possibilità da parte di diversi stabilimenti di un gruppo industriale, o facenti parte di gruppi industriali diversi, di condividere un’unico magazzino virtuale basato su scorte reali. (vedi figura 17).

Figura 17: Schermata della sezione Magazzino.

net4

Fonte: Netsourcing, 2001

Tali scorte sono suddivise fisicamente tra i vari partecipanti al progetto, ma dal punto di vista logistico sono condivisibili da tutti.
In questo modo si ha la consapevolezza di avere maggiore sicurezza di scorta permettendo contemporaneamente la riduzione delle singole scorte al di sotto del punto minimo storico aziendale.
Ad esempio, nella sezione Magazzino locale è possibile prelevare articoli dal magazzino locale aziendale. La ricerca sarà quindi effettuata sulla base degli articoli e dei fornitori presenti nel magazzino.

Reports
Grande attenzione e cura è stata rivolta ai sistemi di reporting. Grazie a questa applicazione tutti gli utenti in funzione del loro grado di abilitazione possono ricevere report giornalieri, settimanali o mensili delle procedure in corso.
Il reporting può essere statico o dinamico e quindi aggiornato in real time. Tutte queste operazioni sono accessibili in qualsiasi momento da qualsiasi luogo indipendentemente dalla postazione di lavoro e quindi anche durante meeting, riunioni e viaggi (figura 18).

Figura 18: Schermata relativa al reports dei clienti.

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Fonte: Netsourcing, 2001

Il tipo di reporting è personalizzabile in funzione delle necessità informative e può essere sia in formato grafico sia tabellare (figura 19).
È possibile in funzione dei dati disponibili, elaborare statistiche di carattere operativo, funzionale ed organizzativo.

Figura 19: Esempio di report.

net6

Fonte: Netsourcing, 2001
Tracking.

Nella sezione tracking, Tutti gli utenti possono, in funzione delle proprie necessità, aggiornarsi in tempo reale e da qualsiasi postazione sulla situazione delle procedure in corso, ovvero (figura 20):

  • Richieste emesse;
  • Stato elaborazione richieste;
  • Elenco delle offerte (figura 21);
  • Termini di consegna;
  • Ordini emessi;
  • Spedizioni;
  • Bolle;
  • Fatturazione.

Figura 20: Schermata iniziale relativa al tracking:

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Fonte: Netsourcing, 2001

Figura 21:Schermata delle offerte ricevute da un cliente.

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Fonte: Netsourcing, 2001

Richiesta
In questa sezione è possibile inviare la richiesta ad Unitec, in base agli articoli precedentemente selezioni nelle sezioni approvvigionamenti e acquisti.
Si dovrà immettere la quantità degli articoli richiesti (Figura 22), sarà possibile avere anche un preventivo immediato nel caso in cui il bene sia stato già stato approvvigionato in precedenza (Figura 23).

Figura 22: Schermata relativa alla richiesta da parte di un cliente.

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Fonte: Netsourcing, 2001
Figura 23: Schermata relativa all’offerta ricevuta da Unitec per un cliente.

net10

Fonte: Netsourcing, 2001

Riferimenti bibliografici

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Ringraziamenti

Sono molte le persone che devo ringraziare sia per questo lavoro sia per questi anni universitari.
È stata anche la loro presenza e i loro consigli che mi hanno permesso di raggiungere questo traguardo importante.
Inizio innanzitutto da colui che mi ha aiutato più di tutti, Giovanni. Lui è stato in questi anni a Pisa la mia famiglia e il mio punto di riferimento in tutto, mi ha aiutato a crescere e mi ha fatto sentire poco la mancanza da casa, soprattutto nei primi anni.
Voglio poi ringraziare i compagni di casa Fabrizio (il “nonno”), Leonardo, Stefano, Marco, Ciccio; con loro abbiamo discusso, litigato, ma alla fine eravamo sempre lì tutti insieme a scherzare.
Mi piacerebbe poi fare la lista di tutti gli amici “universitari” e non, ma evito per paura di dimenticarne qualcuno; comunque penso che chi mi conosce sa benissimo che non mi dimenticherò mai di loro.
Ringrazio poi il titolare della Unitec che mi ha dato l’opportunità di poter fare questa bellissima esperienza professionale, per di più fuori dall’Italia; tutto il personale della Unitec in particolar modo Sebastian e Katia, che hanno reso la mia permanenza ad Augsburg molto meno dura di quello che poteva essere.
Infine voglio anche ringraziare il Prof. Alessandro Gandolfo che con la sua disponibilità mi ha seguito nella preparazione di tutto il lavoro di tesi.